Sedici minuti di applausi finali e prima ad personam ben 55 secondi per il Vissi d'arte di Anna Netrebko: protagonista vincente di Tosca, l'opera che ha inaugurato la stagione della Scala. «La voce di Netrebko è unica al mondo: è la numero uno», l'investitura a vita è di un soprano-leggenda come Raina Kabaivanska. Pioggia di applausi, anche in corso d'opera ma Riccardo Chailly li considera «un momento di partecipazione collettiva. È bello fare spazio a questa reazione». Un successo di squadra, sottolinea. Salsi, nel ruolo di Scarpia, ha chiuso baciando il palcoscenico «dopo quanto ricevuto, ho sentito di farlo», commenta emozionato. Anche l'aria di Cavaradossi E lucevan le stelle è stata accolta da applausi a scena aperta, «mi ha emozionato anche più di quel che mi sarei aspettato». Più tagliente il regista Davide Livermore: «I politici hanno paura di entrare a teatro». E poi aggiunge: «Ma dicano che il fascismo è fuorilegge».
La personalità di Tosca conquista al punto da ispirare la mise di tante spettatrici. Vedi la cascata di coroncine stile impero e abiti dai lunghi strascichi dove è inevitabile inciampare. Domina la firma Dolce e Gabbana, sponsor della Scala. Questa era l'ultima inaugurazione del sovrintendente Pereira che va al timone del teatro toscano e passa le consegne a Dominique Meyer. «Saluterò Pereira lunedì al Cda dell'Accademia della Scala. Ha fatto cose belle e importanti, e altrettanto ne farà Meyer», osserva Diana Bracco, altra mecenate determinante. Meyer ha trovato la produzione di ieri «meravigliosa. Adoro Netrebko. Bello il colore, il fraseggio».
Tosca, che di mestiere era cantante, ha attirato a Milano una serie di cantanti pop-rap-rock, da Patti Smith, a Marcella Bella, Marracash con Elodie. «Netrebko sta cantando divinamente», dice la Smith durante un intervallo. Che dire dell'atto omicida di Tosca? «Che non c'entra con il #metoo. Questa è arte, e basta», taglia corto. Il temperamento di Tosca è intrigante però «arrivare all'omicidio è troppo», commenta Evelina Christillin. «Mi piace molto, ma poi fa un errore di valutazione», l'opinione di Emma Marcegaglia.
Quanto alle scene, «è tutto un po' troppo» commenta Raffaella Curiel, stilista che reclama una sobria milanesità perché «non siamo al Carnevale di Rio». Marco Balich, che di mestiere confeziona spettacoli delle meraviglie, ritiene che «è stata testata in modo totale la capacità della messinscena. Più di così». A proposito di intenditori, l'allestimento convince al 100% anche il sovrintendente del Musikverein Thomas Angyan. Quanto alla Scala in sé: «È un gioiello».
C'è sempre il risvolto buffo della prima delle prima. Vittoria Puccini non ha dubbi: «Avendo fatto Violetta Valery, ho potuto avvicinarmi alle donne di Puccini». Peccato che Violetta/Traviata sia farina del sacco di Verdi.
Appare un signore arabo, ma non è il ministro della Cultura dell'Arabia Saudita che l'anno scorso offrì al teatro Scala una donazione di 21 milioni (non accettati). È il console degli Emirati Arabi che in rappresentanza dei sette Emirati moltiplica gli ingressi: prima sfila sul tappeto rosso di destra, poi esce e rientra da quello di sinistra.
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