Cronache

Un tris d’assi per «Re Lear»

Un tris d’assi per «Re Lear»

Grande testo per un grande spettacolo quello che sta preparando il Teatro Stabile per la prossima apertura di stagione il 14 ottobre al Teatro della Corte. Un Re Lear che richiede un'impresa piena di sinergie in cui si sono impegnati con passione tutti i componenti dell'allestimento. A un grande regista come Marco Sciaccaluga si è affiancato un grande traduttore come Edoardo Sanguineti, così come un grande attore come Eros Pagni, è contornato da una grande compagnia come quella dello Stabile. Tutti uniti nell'affrontare il grande compito di mettere in scena l'opera Shakespeariana più complessa.
Il regista sottolinea come sia stato un grosso privilegio quello di aprire un copione come quello di Re Lear per imbarcarsi in una altrettanto grossa «spedizione Himalayana» come quella di metterlo in atto. Sono state richieste pazienza, tenacia e passione per un'impresa che lui reputa difficile se non impossibile. Citando Peter Brook, Marco Sciaccaluga afferma che c'è un solo modo per fare Re Lear che è quello giusto. Spontanea la domanda, ma quale è questo modo giusto? Quello di crederci, di avere competenza e le condizioni indispensabili, come una compagnia affidata, affidabile e matura che da anni è stata in grado di masticare e digerire un testo che, in modo paradossale, ha in sé il massimo del selvaggio insieme al massimo del civilizzato.
Un testo sul quale si sono imbattuti tanti traduttori riuscendo però a tirare fuori soltanto un linguaggio «spieghese», che vuole rendere comprensibile ciò che è misterioso, senza però capirne l'essenza. Tutto questo nega Shakespeare, dentro la cui lingua c'è di tutto e che proprio in quest'opera teatrale mette insieme un'umanità assetata di conoscenza su tutto quello che sente e la circonda. A seguito di questa analisi il Teatro Stabile ha voluto avvalersi di Sanguineti proprio perché lo ha ritenuto l'unico in grado di restituire a Shakespeare quella contemporaneità che gli compete e che lo rende intramontabile. La sua traduzione infatti, affermano direttore e condirettore, è in grado di svelare il mistero della parola dell'autore. Ma questo testo alto e provocatoriamente grottesco, come insiste Sciaccaluga, è e deve rimanere un favola. Una favola in cui regnano i «fools», termine inglese che non verrà mai tradotto in scena per scelta e che non esclude nessuno, compreso il personaggio di Re Lear. Edoardo Sanguineti contento ed onorato di essere stato trascinato in quest'impresa, parla di dicibilità, gestibilità e gestualità di un testo in cui la voce deve prendere corporeità e dove spesso solo i gesti riescono a tradurre quello che la lingua fa rimanere oscuro. Così come afferma una necessaria incoerenza coerente nel tradurre Re Lear che in fondo è un gran feuilleton in cui c'è dentro di tutto e domina il grottesco.

Testo e recitazione vengono rafforzati da una scena barbara, inserita in uno spazio perfettamente elisabettiano, progettata da Valeria Manari.

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