Ho trovato agghiacciante nella sua premeditata freddezza il viaggio di Lucio Magri in Svizzera per il suicidio assistito.
La sospensione di ogni umano giudizio di fronte a scelte così radicali lascia un tormento. È giusto farla finita quando la vita ha perduto ogni senso, quando la vecchiaia, la depressione, la solitudine si mangiano bocconi di te, in un lento disfacimento?
Non riesco a chiudere del tutto quella porta, anche se sono convinto che una comunità debba sempre, senza intenti punitivi, incoraggiare la scelta di vivere rispetto a quella di morire. Ma oltre una certa soglia subentra la solitudine del morituro. Qui non stiamo parlando di accanimento terapeutico su vite vegetative; qui parliamo di menti lucide ed esistenze non terminali, ma avvolte nel male oscuro della depressione. Impressiona decidere a freddo di morire, suscita un misto di ammirazione e pietà. È più umana una decisione emotiva, non calcolata e pagata. E trovo squallidi, di una tristezza infinita, quei candidi centri della programmazione mortuaria, lo spettrale lindore delle cliniche svizzere, l’elvetica precisione applicata a disattivare una vita come si estingue un conto bancario.
Magri aveva fama di sinistra mondana.
Invece la tragedia di vivere dopo la morte di sua moglie,l’inattitudine alla vita pratica e alle nuove tecnologie, lui che sognava un mondo nuovo... Mai ridurre un uomo all’icona del circo mediatico. Ho rispetto per lui. Ma davanti a quello spegnersi in un mortificio asettico, ho nostalgia della morte cristiana. Verrà l’angelo...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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