La tristezza del mortificio svizzero
1 Dicembre 2011 - 11:22Ho trovato agghiacciante nella sua premeditata freddezza il viaggio di Lucio Magri in Svizzera per il suicidio assistito...
Ho trovato agghiacciante nella sua premeditata freddezza il viaggio di Lucio Magri in Svizzera per il suicidio assistito.
La sospensione di ogni umano giudizio di fronte a scelte così radicali lascia un tormento. È giusto farla finita quando la vita ha perduto ogni senso, quando la vecchiaia, la depressione, la solitudine si mangiano bocconi di te, in un lento disfacimento?
Non riesco a chiudere del tutto quella porta, anche se sono convinto che una comunità debba sempre, senza intenti punitivi, incoraggiare la scelta di vivere rispetto a quella di morire. Ma oltre una certa soglia subentra la solitudine del morituro. Qui non stiamo parlando di accanimento terapeutico su vite vegetative; qui parliamo di menti lucide ed esistenze non terminali, ma avvolte nel male oscuro della depressione. Impressiona decidere a freddo di morire, suscita un misto di ammirazione e pietà. È più umana una decisione emotiva, non calcolata e pagata. E trovo squallidi, di una tristezza infinita, quei candidi centri della programmazione mortuaria, lo spettrale lindore delle cliniche svizzere, l’elvetica precisione applicata a disattivare una vita come si estingue un conto bancario.
Magri aveva fama di sinistra mondana. Invece la tragedia di vivere dopo la morte di sua moglie,l’inattitudine alla vita pratica e alle nuove tecnologie, lui che sognava un mondo nuovo... Mai ridurre un uomo all’icona del circo mediatico. Ho rispetto per lui. Ma davanti a quello spegnersi in un mortificio asettico, ho nostalgia della morte cristiana. Verrà l’angelo..
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