Troppe sconfitte: Westerwelle lascia la guida dei liberali

Una parabola (in discesa) mozzafiato. Guido Westerwelle, travolto dall’insostenibile sequenza di sconfitte del suo partito nelle elezioni regionali, è stato costretto ad annunciare che lascerà la guida dei liberali tedeschi. Rimarrà ministro degli Esteri nel governo nazionale guidato dalla cristianodemocratica Angela Merkel.
Westerwelle rischia di essere ricordato come una meteora nel firmamento politico tedesco, ma ancora meno di due anni ne fa era l’astro più splendente. Giovane e spregiudicato (è omosessuale dichiarato e si presenta regolarmente ai ricevimenti ufficiali con il suo partner Michael Mronz) aveva saputo trascinare il suo partito, da decenni alle prese con l’angustia di faticare a superare la soglia di esclusione dal Parlamento del 5 per cento dei voti, a un trionfale 14,6 per cento. Le sue promesse di riaprire senza equivoci al nucleare dopo anni di favole eolico-solari dei precedenti governi rosso-verde e di Grosse Koalition, e di coniugare modernamente il liberismo in economia con la difesa di più avanzate vedute sociali avevano conquistato molti nuovi elettori, soprattutto giovani. Ma l’idillio è durato poco. I tedeschi sono elettori volubili e attenti, informati da una stampa che non perdona granché ai politici. Così, quando il governo annunciò un ribasso dell’Iva dal 19 al 7% per i proprietari di alberghi, l’intera opinione pubblica respinse la decisione come un iniquo regalo all’elettorato tradizionale della Fdp. Meno comprensibile la rivolta dei tedeschi all’attuazione della decisione, assunta insieme alla Cdu della Merkel, di allungare di 12 anni la durata di esercizio delle centrali nucleari (si trattava di quanto promesso in campagna elettorale) ma tant’è: fu l’inizio della fine.
Ma la frittata per Westerwelle era fatta già da tempo. Nel giro di qualche mese dalle elezioni i tedeschi si erano già pentiti di essersi affidati ai liberali e l’immagine del suo leader si appannò molto in fretta: i sondaggi cominciarono a scendere in picchiata e oggi danno la Fdp sull’orlo del tanto temuto 5 per cento.

Le recenti cocenti sconfitte nel Baden-Württemberg e nella Renania-Palatinato hanno convinto gli oppositori interni a passare all’attacco del leader impiombato, che ieri ha ceduto le armi: non si ripresenterà alla presidenza del partito liberale al congresso di Rostock dal 13 al 15 maggio. Farà ancora il ministro degli Esteri, poi probabilmente canbierà mestiere.

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