Troppi no, Maroni ritira l'«emendamento Di Pietro»

Alberto Giannoni

Alla fine è stato cancellato. L'emendamento al bilancio reginale presentato dall'assessore Massimo Garavaglia è stato ritirato. La proposta aveva suscitato critiche di Forza Italia e 5 Stelle, riserve del Pd e perplessità della stessa Lega. Il testo era dedicato agli incarichi nelle società partecipate e alla retribuzione di amministratori che percepiscono una pensione. Secondo i contrari, avrebbe consentito di incrementare i compensi. A giudizio dell'assessore, invece, avrebbe solo permesso la retribuzione, lasciando alle assemblee il compito di quantificarla. Ma il testo era già stato ribattezzato «emendamento Di Pietro». L'ex pm, infatti, da luglio presiede il cda di Pedemontana. La società ieri ha precisato «che sino ad oggi e fin dalla data di nomina, il presidente non ha percepito alcun tipo di remunerazione, nemmeno quanto inizialmente pattuito in 60 mila euro annui». La giunta comunque ha evitato ulteriori polemiche o un possibile voto contrario. Il relatore al bilancio Alessandro Colucci ha giudicato «opportuna la decisione «anche per il clima avverso che si era registrato». Soddisfatta Forza Italia. «Maroni ha cambiato idea - ha detto il capogruppo Claudio Pedrazzini - Tutti hanno percepito che la gente comune è contraria ai favoritismi a tutela della casta». «Decisione di buonsenso - ha concordato Fabio Altitonante - sarebbe stata un eccezione non giustificata». Di «buon senso» ha parlato anche l'eurodeputato Stefano Maullu.

«Noi mettiamo in dubbio che il lavoro di Di Pietro vada remunerato, anche perché sta lavorando bene ha detto Enrico Brambilla del Pd - ma la legge nazionale è chiara e non poteva essere elusa con un voto del Consiglio regionale». «Una deroga per Di Pietro ha detto il grillino Stefano Buffgni - oltre che illegittima sarebbe stata una presa in giro per migliaia di cittadini che faticano ad arrivare a fine mese».

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