Troppi restauri e imitazioni

Più di trecento pagine per far piazza pulita di un «passato reinventato». «Contro l’arte romanica?» di Xavier Barral i Altet (nella foto) è uno di quei libri che affrontano un compito difficile e lo portano fino in fondo: per questo rimarrà nel tempo. Con implacabile ragionamento e molta documentazione, Barral i Altet, che è stato anche direttore della missione storica francese a Göttingen in Germania, ci pone la domanda: questo gusto di oggi per il medioevo, per una religiosità essenziale e austera, corrisponde a quel che veramente fu l’arte romanica? O non si rifà piuttosto a una nostra visione «romantica» del medioevo? E attraverso una vertiginosa cavalcata europea tra Cluny e Compostella, tra l’Alvernia e la Catalogna, ci fornisce la sua personale risposta: il vero romanico era di gran lunga più policromo, vitale, estivo e gioioso di quanto crediamo oggi.

Non per nulla artisti e intellettuali delle avanguardie – da Picasso a Braque, e prima di loro Mirò, Matisse, Klee e Léger – ne subirono il fascino, amando profondamente quel variopinto mistero romanico a cui molta storiografia guarda con occhiali dalle lenti grigie.

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