«In troppi sapevano dove era la coca»

I banditi hanno obbligato le vittime ad aiutarli: per ora identikit vaghi. È caccia ai «fantasmi»

Marco Guidi

Il giorno dopo la rapina all’Istituto di medicina legale i pareri sono diversi. Chi parla di un basista, chi critica le misure di controllo insufficienti, chi crede nel gesto di «quattro disperati».
Sullo sfondo rimane il delitto. Un colpo eccezionale, 100 chili di cocaina trafugati dal caveau del dipartimento di Tossicologia forense, messo a segno da quattro malviventi martedì mattina intorno alle 9. Un blitz che frutterà diversi milioni di euro. E che ha mostrato l’inesistenza di un benché minimo sistema di sicurezza in un istituto che custodisce quintali e quintali di droga proveniente da precedenti sequestri.
«È proprio così - conferma Nicola Gentile, custode dell’edificio -. Qui non ci sono telecamere, non c’è un servizio di sicurezza e il viavai di studenti e medici è continuo. Notare delle anomalie è francamente impossibile». Un colpo facile facile per i rapinatori, insomma. «È la prima volta che accade - specifica Gentile - ma le condizioni avrebbero dovuto far presagire un’eventualità simile». Diversa la versione del professor Franco Lodi, direttore del dipartimento di Tossicologia forense. «Nessuno poteva prevedere una cosa del genere», fa sapere dal suo studio. Lodi esclude l’ipotesi di un basista. «Al dipartimento entrano solo studenti laureandi che conosciamo personalmente», spiega. Gentile invece è sicuro. «C’era una talpa - dice - altrimenti come facevano a sapere che ci fosse così tanta droga? Inoltre conoscevano il percorso».
Nel dipartimento, al secondo piano dell’istituto, in pochi hanno voglia di parlare. Il professor Lodi fa le veci per tutti. E rivela particolari ancora sconosciuti. L’allarme, per esempio, lo avrebbero dato direttamente loro, i sei ostaggi rinchiusi nel bunker dai malviventi. «Uno di loro è riuscito a recidere i lacci, probabilmente con delle forbici - racconta Lodi -. Poi ha avvertito il personale con un telefono, che noi teniamo nel caveau per emergenza, in caso qualcuno si chiuda dentro inavvertitamente».


«La rapina è stata compiuta da dei professionisti del crimine», asserisce il custode dell’istituto. Il professor Lodi non è però d’accordo. «Non sono stati molto cauti, non avevano neppure i guanti», racconta. Che abbiano lasciato delle impronte? Sarebbe una svolta decisiva per il buon esito delle indagini.

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