Politica

Troppi slogan e nessuna analisi

Fa piacere che l’onorevole Maurizio Gasparri si prepari a una stagione intellettuale e politica senza astio per nessuno», «senza la presunzione di certi acrimoniosi fustigatori» e, naturalmente, «senza l’astio di chi, forse rimasto nell’anonimato, deve scaricare su altri le proprie frustrazioni»... C’è magari in queste frasi ancora un cicinin di astio, ma le buone intenzioni sono come i fioretti: vanno incoraggiate. Quando e se gli riuscirà, nel replicare a qualcuno, di chiamarlo per nome e per cognome, invece di limitarsi a derubricarlo a generico «articolo ospitato», varrà anche per lui il finale della poesia di Kipling Se: «Allora sarai un uomo, figlio mio».
Quanto al resto, che dire? Limitarsi a definire «circostanze favorevoli» fenomeni come «la stagione di Mani pulite, il crollo dei partiti tradizionali, il consenso che si è rimesso in moto», mi sembra francamente riduttivo. Più equilibrato è invece l’affermare: «Molti eventi ci hanno aiutato, ma forse qualche piccolo merito l’abbiamo avuto». Molti eventi e qualche piccolo merito, appunto.
Anche il paragone che l’onorevole Gasparri fa tra politica e cultura suona per la verità bizzarro, un po’ sulla linea con cui Stalin si informava del numero delle armate del Papa. Dice l’esponente di An che «non sono stati molti gli intellettuali che sono riusciti a esprimere una proposta culturale paragonabile per attenzione e rilevanza, alla forza della nostra realtà politica». Come si valuta il peso di un romanzo, di un saggio, di un articolo? Con i voti, con i seggi, con le imitazioni televisive? È importante comunque che egli sia consapevole di «quanto sia necessario il confronto, lo stimolo, la critica dei portatori di cultura». È un bel passo avanti rispetto al Gasparri d’antan che orgogliosamente sosteneva che nel suo partito ci fossero pochi professori perché c’erano pochi cretini...
Venendo al punto centrale, è certo sbrigativo definire il decennio passato come «l’incontro con un “principe che bacia un rospo”», ma Gasparri, che è stato giornalista, sa bene che spesso una frase magari a effetto permette sintesi di processi complessi. È un dato di fatto che l’appoggio e il riconoscimento di Berlusconi funzionò per l’allora Movimento sociale come fonte di legittimazione e di incoraggiamento. Avrà avuto i suoi motivi di interesse per farlo, nessuno lo nega, ma difficilmente senza di lui il Msi sarebbe riuscito allora e dopo ad andare oltre una politica di protesta, e quindi politicamente sterile.
Allo stesso modo, «la lunga marcia verso il nulla» è un qualcosa che non ha semplicemente a che fare con la «convenienza» (c’è anche quella, perché negarlo, siamo tutti uomini di questo mondo, fallibili per definizione). È qualcosa di più, a mio parere, un qualcosa racchiuso in quella frase di Talleyrand all’indomani dell’assassinio del duca d’Enghien: «È peggio di un crimine, è un errore». Non si è cioè analizzato a fondo che cosa lo stare in uno schieramento di centrodestra volesse e dovesse significare, a quale elettorato rivolgersi, che tipo di scelte, anche impopolari, si dovessero fare. C’è stato, credo, un appiattirsi eccessivo sul versante berlusconiano, così come un accettare, sull’altro lato, per esempio, un federalismo leghista del tutto incompatibile per un partito che la nazione ce l’aveva persino nella sua ragione sociale. Il risultato è stato, una contrazione di voti, un’emorragia alla propria destra, una crisi difficilmente risolvibile su un centro più agognato che realmente sentito. E infine, fra i «parecchi errori» di cui Gasparri parla, un rifarsi più a parole d’ordine e a slogan, a battute a effetto che non a una riflessione seria e approfondita su che cosa sia il nostro Paese, la sua realtà sociale, le sue stesse componenti ideologiche, i suoi centri di potere.
«Non vogliamo sconti da nessuno» conclude l’onorevole Gasparri. «Consapevoli dei nostri limiti, ma anche delle tante cose importanti che siamo riusciti a realizzare». Mi viene in mente quella vecchia frase di Montanelli: «Le auguro tutta la fortuna che non si merita».

E lo dico senza sconti, ma con affetto.
Stenio Solinas

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