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Trovato con il cranio fracassato Giallo sulla morte di un indiano

Il cranio fracassato, il corpo riverso a terra, pancia in giù, il cadavere immerso in una pozza di sangue: è giallo a Santa Maria Maggiore, dove il cadavere di un indiano di 26 anni è stato rinvenuto ieri all’alba.
Era sul marciapiede, sul lato destro della basilica, all’altezza del civico 31. A dare l’allarme alla polizia e al «118» alcuni passanti e un sacerdote che era uscito intorno alle sei per aprire una cancellata. Sul selciato però la macabra scoperta.
Inutile la corsa in ambulanza dei sanitari inviati sul posto dalla centrale operativa; quando sono arrivati non hanno potuto fare altro che constatare il decesso.
Difficile sin dall’inizio identificare il cadavere che non aveva documenti di identità con sè: si tratta di un indiano di 26 anni senza fissa dimora con un passato d’accattonaggio, e più volte segnalato in questura ma con alias differenti, per cui è ancora da accertare il nome reale. Indossava un paio di jeans corti e una canottiera. S’attende anche l’esito dell’autopsia per escludere definitivamente l’ipotesi di un’improvvisa caduta a terra, rovinosa, accidentale, che abbia provocato lo squarcio. Ma per il medico legale a un primo esame paiono davvero non esserci dubbi: ad aprire la ferita nella testa è stato un corpo contundente, molto appuntito.
Addirittura un sampietrino, divelto dalla strada e usato come un’arma micidiale. Un autentico rebus, dunque, per gli investigatori della squadra omicidi di via San Vitale, che hanno lavorato al fianco dei colleghi del commissariato Esquilino e degli uomini della polizia Scientifica, i quali avrebbero già campionato alcune tracce di sangue che sono state trovate su un cubetto di porfido. Quello che è sicuro è che se qualcuno ha voluto uccidere lo straniero l’ha fatto in preda a una sorta di raptus di rabbia. Mentre il poveretto dormiva ha afferrato il sampietrino e ha scaricato la sua furia assassina colpendolo una, due volte, alla testa fino alla decesso. Quello non ha fatto in tempo nemmeno ad accennare una minima reazione, che ancora era immerso in un sonno profondo diventato mortale.
Come spesso accade in queste circostanze nessuno avrebbe visto o udito alcunché.

Un delitto maturato nell’ambiente dei desperados e senzatetto che gravita attorno alla stazione Termini e che, spesso, la notte trova riparo sul sagrato di basiliche e chiese della Roma antica? Oppure un regolamento di conti tra extracomunitari, magari per pochi spiccioli o per una razione di droga? Il profilo di chi ha agito è di chi forse aveva paura a colpire a viso aperto, di chi probabilmente temeva la reazione della sua vittima.
Una vendetta covata dentro per chissà quanto tempo e chissà per quale motivo. Il giallo continua.

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