«Troveremo l’intesa anche sul premier eletto direttamente»

RomaCapogruppo Cota, Berlusconi insiste sul ruolo, i poteri e le garanzie del premier scelto dai cittadini, anche se molti gli ribattono che non c’è elezione diretta e che il sistema resta parlamentare. Va cambiato?
«Il presidente del Consiglio ha ragione a porre il problema del rispetto dovuto al suo ruolo istituzionale. Il premier è eletto dal popolo, che sceglie la maggioranza che lo ha indicato come leader. La questione di come riformare questo aspetto del sistema si pone, e se ne deve discutere nell’alleanza, tra Bossi e Berlusconi. La sintesi comune si è sempre trovata e si troverà anche stavolta. Io metto l’accento sul fatto che, con il federalismo fiscale e l’aumento dei poteri in capo alle regioni si crea un bilanciamento positivo dei poteri del centro in capo al governo».
Il governo va avanti e deve fare le riforme, ha detto Bossi il giorno della bocciatura del Lodo Alfano. Andrà avanti e farà le riforme, dice Berlusconi. Pensate le stesse cose? Quali?
«Una riforma c’è già, il federalismo fiscale: l’abbiamo fatta e ora va completata con i decreti attuativi. È un primo passo importantissimo. Adesso bisogna passare al cosiddetto “federalismo istituzionale”: il senato delle regioni, la diminuzione del numero dei parlamentari. Cose su cui a parole sono d’accordo anche nell’opposizione. Questo governo è stato eletto per fare trasformare un Paese vecchio in un Paese più moderno e vicino ai cittadini, e la risposta che deve fare a ogni tentativo di sgambetto, a ogni manovra polemica è fare le cose che si è dato come compito».
Un pacchetto completo di riforme costituzionali, tra cui quelle che lei evocava, è già stato varato due legislature fa e poi è stato bocciato nel referendum. Pensate di ripartire da lì?
«Sì. Il federalismo fiscale è la prima grande riforma di questa legislatura, e va ricordato che non appartiene solo alla maggioranza: c’è stata anche la positiva astensione delle opposizioni, che abbiamo visto come un segnale costruttivo. La questione è talmente importante che non può essere di parte: o si fanno le riforme o il Paese esplode. L’opposizione deve scegliere se occuparsi dei problemi della gente o avere un atteggiamento di becera preclusione su tutto».
Il Pd è ancora in mezzo al guado congressuale, e non ha ancora un leader che possa essere interlocutore se si vuol aprire un processo di cambiamento della forma di governo. Dopo le primarie ci sarà?
«È interesse anche della maggioranza avere un’opposizione che faccia politica e non altro. La speranza è l’ultima a morire, e siccome con Di Pietro non si va da nessuna parte speriamo nel dopo primarie».
Avete preferenze tra i contendenti per la leadership del Pd?
«Preferisco non entrare in casa altrui. Ogni partito si gestisce come crede le sue partite interne. Certo è che in queste settimane abbiamo visto Dario Franceschini che non va avanti ma sempre più indietro, e che butta tutto in polemica vuota e distruttiva. Visto che è ancora il segretario in carica non è certo un bel segnale. Ma vedremo cosa accade, non possiamo far altro che attendere».
Il potere giudiziario va inserito nel processo riformatore? E per fare che?
«Noi siamo certamente favorevoli alla separazione delle carriere, e da tempo diciamo che la selezione dei pm andrebbe fatta diversamente. Ad esempio eleggendoli: molti hanno gridato allo scandalo, ma è quel che accade in Paesi di grande civiltà giuridica. Poi c’è la questione del Csm, organismo troppo politicizzato e che va cambiato.

Le ipotesi possono essere molte. L’importante è fare le cose e farle bene».
In che tempi?
«In questa legislatura, che deve essere la legislatura delle riforme. Su questo nella maggioranza parliamo tutti la stessa lingua».

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