Trucchi da prof: prendi il posto e scappa al Sud

Quanto vale un posto di lavoro fisso? E un posto a vita e assicurato in una pubblica amministrazione come la scuola? C’è chi sarebbe disposto a pagarlo a peso d’oro. E chi, da tutta l’Italia, è pronto a lasciare tutto e a partire per coronare questo sogno. Ma c’è anche chi, scavando nelle pieghe di leggi sempre pronte a offrire una scappatoia ai furbetti, trova il modo di incassare lo stipendio subito, dribblando i sacrifici. Per quelli ci sono sempre i fessi, quelli che oltre a rispettare formalmente le regole, si sentono in dovere di rispettare anche la propria coscienza.
Tra i trucchi più in voga in questi anni nella scuola c’è la cosiddetta «assegnazione provvisoria». Per capire di che si tratta bisogna innanzitutto partire dalla legge, in vigore da una decina d’anni, che ha tentato di porre un argine al fenomeno degli insegnanti che accettavano il posto di ruolo fuori regione ma poi, una volta firmato il contratto, chiedevano immediatamente il trasferimento. La norma, in vigore da una decina d’anni, ha stabilito che debbano trascorrere almeno tre anni dall’entrata in servizio, prima di poter chiedere di essere spostati in una sede diversa. Si trattava di regolamentare un flusso imponente, visto che, come è noto, molti insegnanti del Sud trovavano posto in scuole del Nord, dove c’è maggiore carenza di organico, per poi tentare di tornare a casa prima possibile. Una richiesta anche legittima, ma che ovviamente crea problemi di continuità didattica alla scuola che si abbandona.
La norma ha funzionato a metà. Perché è vero che ha imposto tre anni di stabilità al neo assunto. Ma contemporaneamente ha introdotto anche una via di fuga che, come spesso accade, da rimedio per casi eccezionali, va diventando escamotage generalizzato a disposizione dei furbi. Infatti, in attesa del trasferimento, adducendo «particolari esigenze», si può infatti chiedere di essere assegnati temporaneamente a una scuola vicino casa, mantenendo allo stesso tempo la titolarità del posto nell’istituto che si lascia scoperto. Una crepa nella norma in cui i più spregiudicati non hanno mancato di insinuarsi in massa. I casi sono migliaia. Nella sola Milano, per fare un esempio clamoroso, quest’anno sono tornati al Sud 830 insegnanti (in maggioranza della scuola elementare). Tutti posti per i quali i dirigenti scolastici si sono trovati costretti a cercare un supplente. «Non c’è dubbio – ammette con franchezza Rita Frigerio, segretaria della Cisl scuola milanese –, siamo di fronte a un modo legale per aggirare la stessa legge. Un fenomeno che peraltro c’era anche prima dell’obbligo teorico di stare su una cattedra non meno di tre anni».
La norma che doveva limitare l’esodo di chi, agguantato il posto fisso, si dava alla fuga, sostanzialmente è stata svuotata. E senza bisogno di particolari certificazioni, di documentare in modo serio le «particolari esigenze». «L’assegnazione provvisoria – continua la Frigerio – è diventata subito la soluzione più facile per evitare lo sradicamento dal proprio ambiente. Non ci vuol molto per ottenerla: basta che ci sia un posto libero vicino a casa, un parente a cui ricongiungersi, e il provvedimento arriva subito». A decidere sono i provveditorati di provenienza: sono loro che individuano i posti liberi da coprire con queste persone.
E, a quanto pare, non è nemmeno detto che i posti siano liberi davvero.

Ancora la sindacalista: «Una nostra iscritta appena trasferita in una scuola della Calabria mi telefona disperata: perché nella scuola dove è stata mandata in realtà il posto non c’è. “Mi hanno detto di non preoccuparmi – ha protestato – che tanto un laboratorio in cui impiegarmi lo avrebbero trovato”». E nel frattempo nella sola Milano mancano mille bidelli.

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