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«Truppe italiane in azione» Il governo tenta di smentire

Scompiglio nella maggioranza per le rivelazioni di un’agenzia iberica su una missione congiunta. Il ministero della Difesa: «Falso». No comment da Madrid

da Roma

Le truppe italiane sono impegnate in Afghanistan accanto a quelle spagnole in appoggio all’operazione della Nato «Achille», nell’occidente e nella zona meridionale del Paese. La notizia è stata battuta dalla prima agenzia di stampa spagnola, l’Efe, e ha gettato scompiglio nella maggioranza italiana proprio mentre in Senato è iniziata la discussione sul rifinanziamento della missione afghana. Una missione definita di pace dal governo, ma che secondo i vicini di Madrid sarebbe invece un intervento militare a tutti gli effetti, quantomeno di contenimento e di «supporto» alle prime file americane, canadesi e olandesi.
Una smentita è arrivata da fonti del ministero della Difesa italiana, mentre il governo di Luis Rodriguez Zapatero non si è pronunciato. Nessuna conferma, ma nessuna smentita.
L’intervento spagnolo prevede di contrastare la fuga dei talebani nella zona occidentale verso la provincia di Herat (di competenza anche italiana): un’operazione di «impermeabilizzazione», viene definita. La Spagna è impegnata nell’operazione «Aquila», scrive il quotidiano El Mundo, «la maggiore offensiva contro i talebani dell’anno», di sostegno all’operazione «Achille».
Le truppe spagnole sono agli ordini del generale italiano Antonio Stata, e da qui potrebbe essere nato l’equivoco, si spiega in via informale dal ministero della Difesa di Madrid.
Dal ministero della Difesa italiano si sottolinea che l’intervento è solo spagnolo, in affiancamento ai militari americani, olandesi, canadesi e afghani, per riportare la sicurezza nella provincia meridionale di Helmand.
Ma nella sinistra radicale si chiede chiarezza, e non bastano queste rassicurazioni, né l’impegno di Romano Prodi con il presidente russo Vladimir Putin per una «conferenza di pace». «Chiediamo che il governo faccia sentire in modo chiaro la sua voce al fine di conoscere la verità, tantopiù alla vigilia del dibattito sulla missione in Afghanistan», sottolinea il segretario del Pdci Oliviero Diliberto. «Penso che il governo debba chiarire immediatamente - osserva anche il segretario di Rifondazione, Franco Giordano - perché sono contrario a qualsiasi forma di coinvolgimento delle nostre truppe in azioni di guerra».
Nel dibattito al Senato, intanto, si confermano le posizioni dei dissidenti Franco Turigliatto, espulso da Rifondazione, ora nel gruppo Misto, e Fernando Rossi (ex Pdci), che hanno annunciato il loro «no». Entrambi parteciperanno alla manifestazione indetta per sabato a Roma dal «comitato 17 marzo» contro l’intervento italiano in Afghanistan. Un corteo a cui hanno aderito 40 associazioni e in cui si chiederà anche la liberazione del giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, rapito dai talebani.
Nella riunione delle commissioni congiunte Difesa ed Esteri del Senato è intervenuto ieri il sottosegretario alla Difesa, Lorenzo Forcieri: «Non c’è alcuna violazione delle regole di ingaggio», ha chiarito. «Non credo che sia possibile che le nostre truppe possano partecipare a operazioni di attacco contro i talebani, perché non è questo il loro compito». Forcieri ha spiegato però che c’è stato un innalzamento di controllo in tutto il territorio, «a seguito delle operazioni in corso nella zona sud del Paese». E i militari italiani «svolgono i compiti che ci sono stati assegnati, con capacità di comando, idonei equipaggiamenti e pronti a far fronte a eventuali pericoli».
Una parziale conferma, secondo l’opposizione: «Il sottosegretario Forcieri - spiega il senatore di An Alfredo Mantica - ha dato una risposta trasparente confermando che militari spagnoli e italiani sono impegnati in un’operazione di contenimento lungo il confine tra la provincia di Herat, nell’area di Farah, e quella di Helmand a supporto dell’operazione Achille per evitare che i talebani possano cercare vie di fuga nella provincia di Herat».

Sempre ieri, la presidenza della Nato ha annunciato una nuova operazione civile-militare in Afghanistan, con lo scopo di «favorire la ricostruzione».

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