Tullum, il Pecorino che non c'era

T ullum è un progetto di enoarcheologia sospeso tra passato e futuro che qualche giorno fa, con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale il 4 luglio, è diventata Docg, denominazione d'origine controllata, il massimo del riconoscimento di tutela a cui un vino possa ambire. Confessiamo che noi non siamo dei tifosi di questi marchi burocratici, che hanno tanti pregi ma anche qualche difetto, però in questo caso riteniamo che si tratti di un traguardo davvero notevole.

Tullum è il nome latino di Tollo, paesino dell'entroterra abruzzese tra l'azzurro dell'Adriatico e il verdastro delle montagne del chietino. Cuore di questo progetto di indubbio successo ancorché di piccola scala è l'azienda Feudo Antico, nato nel 2008 con lo scopo di rivitalizzare le tradizioni enologiche di un territorio fragile e con qualche problema di appartenenza e cresciuto rapidamente, al punto di attirare critici e guide specializzate, costrette da Feudo Antico a interessarsi di un terroir enologicamente trascurato, anche perché scomodo e lontano.

Inizialmente l'azienda diretta da Andrea Di Fabio e la cui anima è l'enologo Riccardo Brighigna, aveva puntato soltanto sui due vitigni bianchi autoctoni della regione: il Pecorino e la Passerina. Poi si è aggiunto lo Chardonnay, che serve a innervare un magnifico metodo classico, e qualche rosso da uve Montepulciano, tra cui un interessante InAnfora che sin dal nome spiega che cos'è.

Il cuore del progetto è al momento chiaramente il Pecorino, declinato nella versione «base», magnificamente agrumato e longevo (ne abbiamo assaggiato un sorprendente 2010); nella versione «bio» con note più evidenti di erbe aromatiche (per noi spicca la mentuccia); e nella versione di alta quota da uve coltivate a Casadonna, a Castel di Sangro, di grande spessore e mineralità.

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