Mondo

Dopo la Tunisia l'Albania Il contagio spaventa l'Ue Gli spari sulla folla: foto

Berisha accusa i socialisti: "Vogliono fare un colpo di Stato". L'opposizione: "Ancora in piazza". Mandato d'arresto per 6 militari che hanno sparato uccidendo tre persone. Foto choc: spari sulla folla

Dopo la Tunisia l'Albania 
Il contagio spaventa l'Ue 
Gli spari sulla folla: foto

Milano - Dopo “la rivolta del pane” c’è un’altra crisi che potrebbe esplodere con conseguenze politiche e sociali imprevedibili. E se Tunisi sembrava – perché in effetti è – molto vicina a noi, i 70 chilometri o poco più che separano le nostre coste da Durazzo  fanno capire quanto sia importante, per l’Italia, comprendere bene i problemi e scongiurare sviluppi drammatici in Albania. Paese che dal 2004 attende di entrare nell’Unione europea. Molti si domandano se esista il rischio di un possibile contagio che, dopo la Tunisia, possa portare alla destabilizzazione di molti altri paesi non solo del Nordafrica (vedi Egitto). In effetti i timori sono alti. E non solo per la paura di nuovi sbarchi. L’Italia è il primo partner economico dell’Albania: in 15 anni ben 5 miliardi di euro provenienti dalla penisola sono stati investiti a Tirana. Imprese di grande distribuzione, edilizia e infrastrutture, alimentare, energia e banche. Quasi tutti i settori sono coperti. E tra poco il valore degli investimenti potrebbe salire a 7 miliardi. La destabilizzazione del paese delle Aquile presenta anche un altro forte rischio: un paese europeo (anche se non ancora nell’Ue) a maggioranza musulmana fa gola ai fondamentalisti, e potrebbe diventare una testa di ponte, per al Qaeda, per mettere in ginocchio l'Europa. Ecco perché la crisi albanese tocca da vicino non solo gli interessi dell’Italia ma di tutto il Vecchio continente.

La polveriera albanese Abbiamo già sperimentato, in passato, quanto le situazioni di caos a Tirana abbiano avuto ripercussioni anche nel nostro Paese. Basti pensare agli sbarchi del 1990-1991, ripresi poi qualche anno dopo e interrottisi solo a seguito di precisi accordi tra i due paesi, con relativi robusti aiuti economici da parte del governo italiano, sia di centrodestra che di centrosinistra. Non è la prima volta, dopo il crollo del regime comunista di Enver Hoxa, che l’Albania sprofonda nel caos: la prima crisi si è avuta nel 1992, quando si svolsero le seconde elezioni libere vinte da Sali Berisha. Il Paese arrivò al collasso a causa di una gravissima crisi economica. Cinque anni più tardi, nel 1997, scoppiò lo scandalo della “truffa finanziaria”, con migliaia di persone letteralmente derubate dei loro risparmi. Gli scontri che ne derivarono causarono circa duemila morti. Dal 2001 si alternano al potere governi di destra e di sinistra. L’unica costante è la reciproca delegittimazione, con pesanti accuse di corruzione che vengono lanciate dall’una all’altra parte in quella che, al di là della battaglia politica, appare una vera e propria guerra fra bande. L’ultimo episodio che ha riacceso le polveri risale al giugno 2009, quando si è votato per le legislative. Ha vinto il centrodestra ma i socialisti non hanno mai riconosciuto il risultato, denunciando pesanti brogli. Da allora lo scontro non si è mai placato. Da oltre un anno mezzo la sfida, durissima, va avanti, fino alle violente proteste antigovernative di venerdi a Tirana, in cui hanno perso la vita tre manifestanti, uccisi da colpi di arma da fuoco

Berisha rassicura: non è la Tunisia All’indomani delle proteste in cui sono morti tre manifestanti, Berisha ha accusato l’opposizione di voler organizzare un colpo di Stato. L’opposizione socialista, guidata dal sindaco di Tirana, Edi Rama, “ha voluto montare un violento colpo di Stato, immaginando uno scenario per l’Albania simile a quello tunisino”, ha detto Berisha ai giornalisti. “Secondo questo scenario, la folla doveva fare irruzione nella sede del governo e prendere il controllo di parlamento e istituzioni”, ha aggiunto. Ma il sindaco della capitale albanese respinge ogni accusa.

I socialisti: regime di corrotti L’accusa mossa dall’opposizione è gravissima: questo regime deve andare a casa perché è pieno di corrotti. “I membri del governo – accusa il vicepresidente dei deputati socialisti, Saimir Tahiiri – si arricchiscono alle spalle del Paese in modo disonesto”. Le prove? “Basta guardare il video che ha costretto il vicepremier alle dimissioni”. L’episodio, che ha destato un certo scalpore, ritrae il vicepremier (e ministro dell’Economia) Igir Meta imporre il nome di una società per l’appalto di una centrale idroelettrica. Girato alcuni mesi fa è finito su internet. E anche in questo caso la rete, come già era avvenuto per la Tunisia, ha fatto da detonatore per lo scoppio della rivolta. Berisha ha parlato di complotto.

Manette a sei militari La magistratura albanese ha emesso un mandato d’arresto contro sei militari della Guardia repubblicana, il corpo incaricato della protezioni degli alti dirigenti dello Stato. I militari, le cui generalità non sono state rese note, sarebbero coinvolti nella morte di tre persone, uccise nel corso di una manifestazione organizzata ieri dall’opposizione nella capitale Tirana.

La condanna dell'Ue "La violenza e l’uso eccessivo della forza in Albania non possono trovare giustificazione", ha detto Jerzy Buzek, presidente del parlamento europeo,  sottolineando che la situazione politica locale rischia di essere "di reale ostacolo" all’ingresso nella Ue.

"La malaugurata perdita di innocenti vite umane a Tirana deve far svegliare i leader politici albanesi, indurli ad assumersi le loro responsabilità e superare finalmente l’impasse politico con mezzi pacifici, democratici e costituzionali, in modo da lavorare tutti insieme verso l’obiettivo comune di una Albania prospera, stabile e democratica e per dare ai suoi cittadini un futuro europeo".

Commenti