da Roma
Nella fibrillazione di An ci sono pure loro: i primi che si sono smarcati, i primi che hanno messo in discussione la segreteria, i primi che hanno alzato la bandiera di orgoglio di un rinnovato partito di destra, al punto da far ventilare lidea di una scissione, e della nascita di un nuovo partito a cavallo fra Alleanza nazionale e la destra più radicale.
Alla testa di questo movimento, che per ora si muove tra An e i suoi confini esterni sul sottile confine delleresia, ci sono donne come Alessandra Mussolini e Adriana Poli Bortone, e poi lui: Franz Turchi. Lex eurodeputato è nettissimo, sia nel distinguersi dagli altri, sia nella polemica con il leader del partito. «Io - esordisce il giovane dirigente di An - non mi pronuncio sul problema Fini-sì, Fini-no. È una discussione vuota, stupida, senza senso né utilità. Io noto che la destra italiana è una grande area che non è più esclusivamente in An». Se gli chiedi come si colleghi questa critica a quelle di Alemanno, Turchi scuote la testa: «A me non interessano le logiche correntizie. An, purtroppo, oggi come oggi non è più a destra, non difende le sue posizioni, non difende la sua memoria, non fa più battaglia politico-culturale». Ed è inutile aggiungere che per Turchi uno dei terreni su cui dare battaglia e creare identità era proprio il referendum sulla procreazione assistita: «Io sono convinto aggiunge - a costo di sembrare troppo chiaro, che la triade intorno a cui una destra moderna si può ricostruire è quella che pone nei suoi vertici Dio, Patria e famiglia». An secondo il dirigente, che è su posizioni iper-critiche, «ha fatto cadere una a una tutte le sue bandiere: oggi è un partito che se continua così finisce direttamente dentro il centro, che vede sparire ogni traccia della propria identità».
Ovvio che dopo affermazioni di questo tenore, e visti anche i ruoli e le prese di posizione della Poli Bortone e della Mussolini, sia inevitabile chiedersi se non ci sia il rischio di una scissione imminente. Turchi pesa le parole, si fa sibillino, ma non nasconde i suoi dubbi: «La mia frase preferita, da quando faccio politica, è quella di Pericle, uno dei padri della democrazia ateniese. Pericle diceva che Il segreto della democrazia è la libertà, è che il segreto della libertà è il coraggio». E cosa vuol dire la frase dello statista greco, applicata al suo caso: «Che adesso stiamo guardandoci intorno, stiamo verificando gli spazi di agilibiltà. Se poi ci saranno da fare delle scelte, le faremo». Se gli si riferisce quello che dicono di loro molti compagni di partito, secondo cui si tratta di «quattro gatti», lex eurodeputato non si scompone: «Noi non siamo né una componente né una corrente, non ci misuriamo come gli altri, contando i soldatini. Siamo unarea di persone e di militanti che lancia un grido di allarme per la mutazione di un partito che strappo dopo strappo è diventato unaltra cosa. Un partito che non era quello immaginato nelle tesi di Fiuggi, un partito che rischia di sparire.
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