Cronache

Un «Turco» al Carlo Felice per ricordare Lele Luzzati

La scena è inconfondibile: i colori sgargianti del cielo, del mare di Napoli, i palchetti di un teatro d'opera popolati di pittoresche sagome «alla turca», di dame mascherate che confabulano, di inimitabili Pulcinella che scrutano dall'alto. Una bella «schermata» bidimensionale, di quelle che non usano più, senza tanti effetti speciali all'ultima moda, ma che in fondo rende cento volte tanto. Emanuele Luzzati, altro non serve aggiungere.
E quelle sagome, che vedremo sul palcoscenico del Carlo Felice a partire da martedì prossimo, sono proprio le sue, le originali de «Il Turco in Italia» allestito al Rossini Opera Festival di Pesaro del 1983 (mentre le altre scene sono state ricostruite). «Mi piace pensare che Lele sia lì - le parole di Santuzza Calì, costumista "storica" delle produzioni di Luzzati, tradiscono l'emozione - magari in uno dei palchetti a godersi lo spettacolo. È il miglior modo di ricordarlo, lui non avrebbe mai voluto essere così "ufficialmente" commemorato».
Questo «Turco» - dramma buffo in due atti di Felice Romani e musica di Gioachino Rossini - è prodotto interamente dal Carlo Felice, con un allestimento di Michele G. Olcese che riprende fedelmente lo spettacolo pesarese; stessa regia di allora, quella di Egisto Marcucci, qui ripresa da Elisabetta Courir. Sul podio Jonathan Webb e nel cast brillanti interpreti affiancati da giovani artisti, alcuni al debutto dell'opera: a loro, ai mimi e a tutti gli artisti coinvolti, il compito di creare uno spettacolo nuovo, personale, senza tradire lo spirito di quello originale. «Il segreto - dice la Courir - è capire che la forza del "Turco" sta nello scatenare energia tra i personaggi, osservarli da dentro: mai fermarsi alla superficialità, anche quando diverte».
E in effetti lo spettacolo sarà anche molto divertente, «lasciando da parte per un attimo quello che "turcherie" e screzi tra rivali possono far venire alla mente su immigrazione e conflitti di cultura», come sostiene il direttore Webb, che a Genova mai ha diretto un'opera italiana.

«Un'opera che mi piace moltissimo, in cui non è difficile scorgere Mozart, sia nella musica che nell'ironia; un'opera senz'altro da ascoltare».

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