Politica

Turco: su Cognetti d’accordo col giudice che mi ha dato torto

Il ministro in difficoltà dopo il reintegro dell’oncologo cacciato. La Cdl: si deve dimettere. Ma lei resiste

Francesca Angeli

da Roma

«Dimissioni? Di chi? No comment».
Di lasciare la poltrona non se ne parla. Di riconoscere il proprio errore nemmeno. Anzi, il contrario. Alle accuse del centrodestra che chiede con forza le sue dimissioni, il ministro della Salute, Livia Turco, replica con uno straordinario salto mortale, sostenendo in sostanza di aver «anticipato» la sentenza del Consiglio di Stato.
È stata la Turco, con una decisione presa in splendida solitudine, a rimuovere dal suo incarico di direttore scientifico del Regina Elena l’oncologo Francesco Cognetti, nominando al suo posto l’epidemiologa Paola Muti. Una decisione presa dal ministro senza consultare nessuno, una nomina ad personam. Nonostante la valanga di critiche e anche il coro di voci di esperti e addetti ai lavori che le chiedevano di non cancellare in un giorno tutto il lavoro fatto da Cognetti in tanti anni, la Turco è andata diritta per la sua strada.
Cognetti, come è suo diritto, ha presentato ricorso al Consiglio di Stato e, guarda il caso, lo ha vinto. E ieri ha riaperto la sua stanza nell’Istituto. Anche se ci vorrà del tempo prima che possa riassumere pienamente le sue funzioni. In sostanza il Consiglio di Stato ha stabilito che il sistema dello spoil system non può essere applicato alla figura di un direttore scientifico di un Istituto di ricerca.
E a questo punto la Turco che fa? Non soltanto sostiene di essere d’accordo con i giudici ma addiritura di averli preceduti. «Ho anticipato i contenuti della sentenza con il mio provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri dell’8 settembre che autolimita le decisioni del ministro sulle nomine - spiega la Turco -. Mi fa piacere che sia stato affermato il principio secondo il quale la carica di direttore scientifico non è legata a meccanismi di tipo politico ma esclusivamente a competenze scientifiche e professionali».
Insomma prima il ministro effettua una nomina nel classico stile spoil system licenziando Cognetti. Poi, soltanto dopo, vara un provvedimento che rende illegittimo quello che ha appena fatto, ma guardandosi bene comunque dal reintegrare il medico di propria iniziativa come anche logica vorrebbe.
A questo punto la Casa delle libertà chiede a gran voce le sue dimissioni. L’imbarazzo del governo è tale che il segretario del partito della Turco, il diessino Piero Fassino, si sente in dovere di scendere in campo in difesa del ministro parlando di «vergognoso linciaggio» da parte del centrodestra.
Contro la Turco tutto lo stato maggiore di Forza Italia. «Il ministro Turco ha una sola cosa decente da fare: dimettersi - dice il vicecoordinatore azzurro, Fabrizio Cicchitto -. La delibera del Consiglio di Stato sul caso del professor Cognetti rappresenta una clamorosa smentita a quello che lei ha fatto nei mesi passati, con un’arroganza pari all’incompetenza». Per Maurizio Gasparri di An «al ministro ora non resta che la via delle dimissioni». Gasparri punta il dito contro «l’arroganza con cui Livia Turco ha squalificato persone indipendenti e di grande competenza e la protervia con cui vuole addirittura introdurre il ticket per il Pronto Soccorso». Anche per il segretario Udc, Lorenzo Cesa, «alla luce della decisione del Consiglio di Stato il ministro della Salute dovrebbe trarre le dovute conclusioni».
Ma le critiche alla Turco non arrivano soltanto dall’opposizione. Anche il segretario dei Radicali, Daniele Capezzone, ribadisce che «la decisione di allontanare e sostituire il professor Cognetti fu un errore gravissimo del governo».

Anche se, aggiunge, non è «né giusto né opportuno chiedere le dimissioni del ministro Turco».

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