Turisti, mamme e modelle «Travolti dal solito destino nell’afoso park di Linate»

Un film già visto: niente auto bianche. Alla Centrale un americano dice: «Vado a Portofino, pago 300 euro»

(...) Sergio, quindici anni di servizio alle spalle, rappresentante sindacale, apre il cellulare e chiede all’addetto una vettura per lo spaurito turista americano. «Sa, siamo in agitazione, non possiamo accettare la corsa, ma in qualche modo facciamo». Aspetta un po’ al telefono, annuisce e poi, rivolto al mancato cliente: «Per arrivare fino a Portofino sono 299 euro». «299 euro? Facciamo trecento, non ho spiccioli dietro», ribatte l’americano. «Proprio oggi...», commenta ancora Sergio, scuotendo il capo.
Piazza Duca d’Aosta (stazione Centrale), le due del pomeriggio: scene di ordinario disagio milanese, in questi giorni di protesta in cui il servizio taxi è paralizzato. I centralini sono occupati, o non risponde nessuno. E alla cittadinanza non resta che arrangiarsi e cercare mezzi alternativi. «Io come faccio ora? Perché vi comportate così?», chiede un giovane sconsolato a un taxista. «Senti - ribatte pacato il conducente - tu ce l’hai un lavoro?». «No». «Neanche io se va avanti così. Solo che tu non avrai neanche vent’anni, io ne ho cinquantadue...». La colonnina del mercurio sale e così anche l’insofferenza dei cittadini da una parte e l’esasperazione dei taxisti dall’altra. A Linate presidio a oltranza e servizi garantiti solo ad anziani e disabili. Qualcuno ironizza: «Siamo in ferie... anche se non retribuite. Ci manca solo una sdraio e abbiamo realizzato il nostro sogno, passare un sabato mattina di metà luglio inchiodati al sole cocente in aeroporto». Poi però, sotto lo striscione che attacca il «compagno Prodi», di scherzare passa immediatamente la voglia: «Io ho 33 anni e ho passato tutti i sabati e le domeniche degli ultimi sei anni al lavoro per pagarmi la licenza. Neve, afa, pioggia», dice Daniele. Non fa in tempo a finire la frase che Carlo, 50 anni, si sovrappone: «Io da qui non mi muovo. Sono arrivato a mezzogiorno e resto almeno fino alle 2 di stanotte». Intanto al check-in della British Airways, composti e stupiti, si assembrano i turisti in partenza per Londra. Alta, bionda, è impossibile non notare Hillary Coe, 24 anni. Americana di Los Angeles, diretta nella capitale britannica per nuovi casting, fa la modella. È rimasta a Milano per due mesi, fino alla brutta scoperta della sera prima. «Ero in un club notturno con una mia amica a divertirmi, abbiamo chiamato un taxi per rientrare e ci hanno detto che era tutto fermo. Abbiamo passato lì la notte e io ho perso un sacco di tempo per trovare qualcuno che mi accompagnasse in aeroporto. Alla fine mi ha detto di sì un ragazzo del bar: in cambio di 50 euro, però». «It’s funny», dicono divertiti due dei passeggeri in coda per lo stesso volo. Sono Christine e James, che poi aggiungono dispiaciuti: «No shopping». Il loro sogno di fare acquisti a Milano nell’ultima giornata prima della fine della vacanza è sfumato. «Volevamo comprare un po’ di abiti italiani, portare a casa dei capi di valore. Ci eravamo dati un budget di circa mille euro. Ora questi soldi li riportiamo in Inghilterra. È un’occasione persa, per noi e per voi italiani». Basta tornare fuori, dove l’afa è ormai insopportabile, per capire quanto gli italiani la prendono meno filosoficamente: Cristina è tornata con un volo da Cagliari, carica di valigie, con marito, figlia e amica della figlia a carico: «Volo in ritardo e ora SOS lanciato a un amico perché ci venga a prendere. Non ho altro da aggiungere», dice esasperata. A San Babila, dove l’Atm ha rafforzato il servizio per l’emergenza, una signora giapponese in attesa del 73, racconta la sua odissea: «Sono arrivata ieri, avevo solo l’indirizzo del mio hotel.

Ho chiesto aiuto sul bus e nessuno sapeva dove fosse. Ho dormito in un altro albergo, tuttora non so dove avrei dovuto alloggiare. Una cosa del genere non mi era mai capitata». «Italiani matti», aggiunge in uno stentato italiano.

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