Politica

Tutte le manovre dell’«agenzia» Prodi per occupare anche i vertici dell’Ansa

Palazzo Chigi in campo per la successione di Magnaschi alla guida della testata italiana che ha più giornalisti: 400

Fabrizio de Feo

da Roma

Il conto alla rovescia è ormai partito e, dopo le prime schermaglie, lo sprint per la designazione del nuovo direttore dell’Ansa sta entrando nel vivo. Il mandato dell’attuale numero uno della prima agenzia di stampa italiana (e quarta nel mondo), Pierluigi Magnaschi, si concluderà il 31 dicembre. E il presidente Boris Biancheri, ex ambasciatore oggi 77enne, è impegnato nell’affannosa ricerca di un difficile equilibrio tra gli appetiti e le mille pressioni, politiche ed editoriali, che una nomina di questo tipo inevitabilmente finisce per accendere.
Biancheri - che ricopre anche l’incarico di presidente della Federazione degli Editori - può contare su un asse di ferro: quello che da sempre lo lega al gruppo l’Espresso. Un filo diretto, quello con l’amministratore delegato Marco Benedetto e con il principe Carlo Caracciolo, che rende centrale l’opzione espressa dal gruppo di Largo Fochetti. Più defilato l’altro «grande elettore», Rcs MediaGroup, che dalla fine dell’era Romiti ha ridotto la propria sfera di influenza sull’agenzia ma continua sempre a far valere il proprio «diritto di veto». Ci sono poi gli altri editori - sono 36 in tutto i soci che compongono la cooperativa Ansa - che contribuiscono in misura variabile alla scelta del nuovo direttore.
Naturalmente sulla designazione si fa sentire eccome l’influenza della politica. La direzione dell’Ansa è infatti quella del più grande media italiano (400 redattori quando il più grande quotidiano italiano ne ha 350). E assicurarsi la benevolenza dell’agenzia è sicuramente un atout importante per chi si trova a reggere la barra governativa. Per questo i prodiani stanno seguendo con grande attenzione la vicenda del cambio della guardia ai vertici dell’Ansa, tessendo una trama continua e sottile e muovendosi in prima persona, bypassando gli stessi alleati di governo, Ds e Margherita compresi. Una strategia partita da lontano che, nelle intenzioni iniziali, avrebbe previsto anche «un intervento di sistema», con il rafforzamento dell’Ansa a scapito dei suoi concorrenti. Non va dimenticato che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Ricardo Franco Levi, aveva carezzato per qualche tempo l’ipotesi di una sorta di fusione a freddo tra le agenzie italiane, con l’eutanasia delle più piccole. Un progetto che avrebbe preso forma attraverso la riduzione selettiva, nella Finanziaria, dei contributi pubblici destinati alle «sorelle minori» dell’Ansa. Un piano fatto saltare in aria dalla feroce reazione di Pippo Marra, vecchia volpe del settore e proprietario dell’agenzia AdnKronos.
C’è poi il capitolo del totonomine dove si intreccia con forza il doppio filo delle pressioni politico-editoriali. Biancheri ha avuto un primo giro d’orizzonte con i grandi editori che siedono nel comitato esecutivo dell’Ansa. Dal Corriere della Sera è stato avanzato il nome del condirettore Paolo Ermini. La famiglia Agnelli, tramite Luca Cordero di Montezemolo, starebbe sponsorizzando l’ex direttore de la Stampa, Marcello Sorgi. Il gruppo Repubblica-l’Espresso porterà, invece, in prima battuta, Giovanni Valentini. C’è poi il gruppo Caltagirone (che nella partita conta molto meno di quanto potrebbe in base al numero delle copie vendute) che garantisce il suo appoggio incondizionato a Paolo Graldi.
Queste, però, sembrano essere soltanto le mosse d’apertura, le schermaglie obbligate di una complessa partita a scacchi. A Boris Biancheri, infatti, dieci giorni fa è stato fatto da ambienti politici dell’Unione il nome di Andrea Bonanni, corrispondente da Bruxelles de la Repubblica, molto gradito a Romano Prodi e a Ricardo Franco Levi. Un metodo che sembra abbia acceso più di un malumore nel gruppo l’Espresso ma anche in altri editori, preoccupati per il rischio di una eccessiva «politicizzazione» dell’agenzia. L’altro nome che circola con forza è quello dell’ex vicedirettore ed ex capo della redazione politica dell’Ansa, attualmente capo della redazione interni di Repubblica, Luigi Contu. Una scelta gradita all’Unione (e alla Margherita in particolare) che incontrerebbe maggiori consensi dentro l’agenzia e non dispiacerebbe neppure a buona parte del centrodestra, e in particolare a Gianni Letta e Gianfranco Fini. Se, invece, dovesse prevalere la linea di un interno Ansa potrebbe venire buono il nome di Giampiero Gramaglia, fatto tornare da New York proprio in queste ore. Viene, invece, bollata come «manovra diversiva» il mandato affidato a una società di cacciatori di teste, incaricata di fornire una rosa di candidati (una ricerca che pare abbia fornito due nomi: quello di Contu e quello di Giuliano Zoppis, attualmente all’Abi). I potenziali direttori dell’Ansa sono infatti già ben noti agli editori.

E il problema non è quello di scovarli ma piuttosto di riuscire a imporli.

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