Tutti in fuga via mare Ora Haiti vive nella paura della grande scossa

La speranza ad Haiti non è morta. L’impegno dei soccorritori era stato chiaro: «Non si scava più, pensiamo ai vivi, ai sopravvissuti». Ma dalle macerie dell’Hotel Napoli, nel primo giorno in cui le ricerche avrebbero dovuto essere ufficialmente sospese, ieri è stata estratta un’altra persona, e forse altre potrebbero essere recuperate in queste ore. Ci sarebbero altri quattro, cinque sopravvissuti, a 11 giorni dal sisma, secondo il racconto del giovane haitiano, Wismond Exantus Jean-Pierre di 24 anni, impiegato come cassiere nell’albergo crollato. Wismond ha chiamato due saccheggiatori, due cannibali delle spoglie altrui. «Sono vivo, ci sono altre persone qui con me...». Uno dei passanti, Karl Jean-Jeune, 23 anni, impiegato presso una tv locale greca, ha inviato un messaggio su Twitter e avvertito i soccorritori via telefono.
Per chi resta vivo è peggio dell’inferno. La popolazione è stremata, ha fame e adesso deve dominare la paura per un nuovo terremoto annunciato dagli esperti americani. Non tutti ce la fanno. E quelli terrorizzati reagiscono disperatamente. Cercano di fuggire per mare con barche e barconi, andando magari incontro a morte certa. Preferiscono l’incognita piuttosto che rimanere nella città distrutta e minacciata da un altro sisma. Che potrebbe essere ancora più violento di quello del 12 gennaio già pesantissimo. I numeri ricordano un bollettino di guerra. Il ministero degli Interni ha fatto la conta: 111.499 morti (ieri è stato trovato il corpo dell’ex parlamentare canadese Serge Marcil), 190mila feriti, 55mila famiglie senza tetto, 610mila persone accolte nei campi, 11mila edifici distrutti e 32mila danneggiati. E alle stime ufficiali si aggiunge «l’ipotesi di lavoro» dei sanitari americani: 200mila vittime.
Come non bastasse, arrivano le nuove catastrofiche previsioni. Di un’altra probabile violenta scossa che potrebbe addirittura superare quella che ha messo in ginocchio Haiti. Secondo l’Istituto geofisico americano, Usgs, l’isola non è ancora al riparo. «L’esperienza della Turchia - ha detto il sismologo David Schwartz - ci porta a credere che, scosse di forte entità possono ripetersi nel giro di tre mesi, come successe nel Paese nel 1999». E d’altro canto anche nella stessa Haiti, tra il 1751 e il 1770, le scosse che distrussero Port-au-Prince si susseguirono a distanza ravvicinata e tutte di fortissima magnitudo. Gli scenari delineati sono tre: esiste una possibilità di poco meno del 3% che nei prossimi 30 giorni Haiti sia colpita da una o più scosse di assestamento di magnitudo pari o superiore a 7 gradi Richter (come quella del 12 gennaio), mentre è del 25% la probabilità di una scossa di 6 o più gradi e del 90% la probabilità di altre due o tre scosse di 5 gradi.
Ma questo è il futuro. Più o meno prossimo. L’oggi è la pancia vuota che deprime l’umore anche dei più ottimisti. Nonostante le tonnellate di aiuti che arrivano giornalmente ad Haiti, centinaia di migliaia di persone non sono state ancora raggiunte dalle agenzie umanitarie; e nelle ultime ore è esplosa la rabbia dei sopravvissuti che si sentono abbandonati. Decine di haitiani sono scesi in piazza contro il governo di Rene Preval. «Abbiamo fame e sete. Non ce la facciamo più», urlava una folla raccolta dinanzi al commissariato dove opera il debole governo locale. «Vogliamo cibo, acqua, via Preval. Lunga vita ad Obama».
Preval, che nel sisma ha visto crollare il palazzo presidenziale e la sua residenza, assicura che il governo e i suoi partner internazionali stanno facendo il possibile per assicurare assistenza. Ed è tutto vero perché il mondo si mobilita in ogni direzione per aiutare questi sfortunati. Gli aiuti piovono da ogni parte. Ieri sono state distribuiti due milioni di razioni alimentari, 800mila in più del giorno prima. E si stanno raccogliendo soldi, tanti soldi. I big della musica si sono già mobilitati a suon di milioni di euro. Domani sarà invece la volta dei rappresentanti di 20 Paesi che si riuniranno a Montreal per mettere a punto piani per il coordinamento della ricostruzione di Haiti.

In Canada arriveranno il segretario di Stato americano Hillary Clinton e il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner. Attesi i delegati dei Paesi sudamericani. Venezuela, Bolivia e Nicaragua non ci saranno. Per loro la forte presenza militare americana è «un’invasione».

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