Ci salveranno le vecchie zie, oppure il loro contrario? In letteratura, almeno a giudicare da quello che circola in libreria, le opere che si distaccano dalla banale romanzeria sono in genere bizzarre, concettose, con delle trame imprevedibili. Scritte da monellacci che una vera signora metterebbe alla porta in un battibaleno.
A proposito di zie: nell'esordio narrativo di Lorenzo Alunni, Nel nome del diavolo (Il Saggiatore) ne compare un esemplare di sesso maschile, Eugenio, una specie di ectoplasma familiare mai visto né in casa né altrove, del quale il protagonista apprende l'esistenza solo quando muore, diventando un fantasma a tutti gli effetti. A dare la ferale notizia al nipote, un ex studente di antropologia medica che passa le giornate ad ascoltare vecchi ellepì di opere liriche, sono i clienti del bar dove va a fare colazione; beninteso con una sorta di gaffe. La situazione è dunque tragicomica. Diventa romanzesca quando nel giro di qualche ora il mistero sullo zio si infittisce: perché lo ha colpito un interdetto? Ce n'è abbastanza per compiere qualche ricerca e scoprire che l'uomo ha trascorso gli ultimi trent'anni a Lampedusa. E qui ci si aspetterebbe che l'autore soccomba sotto i luoghi comuni che avvolgono l'isola. Non accade niente di simile, invece. Servendosi della tecnica del cut up inventata da Burroughs, che all'università guarda caso studiò prima antropologia e poi medicina, Alunni fa approdare il suo eroe sullo scoglio del Mediterraneo famoso per gli sbarchi dei migranti, ma solo per trasformarlo in un'antenna radio in grado di captare il poliedrico delirio che, di fatto, costituisce la sostanza del romanzo. Condotto nella casa dove viveva Eugenio, il nipote apprende che il defunto era ossessionato da Moby Dick, del quale accumulava centinaia di copie. Che i migranti, quasi tutti di origine africana, compiono riti di rinascita (con teschi, fuochi, cartigli da incenerire) a dir poco fuori luogo nel maggiore ricettacolo estivo di radical chic.
Nel frattempo, in ogni pagina aleggiano le vicende a volte celeberrime, a volte oscure, di navi, zattere, barchette finite in fondo al
mare. La Medusa, l'Amphitrite, la Essex. In modo da ricordare ciò che il torpore dei telegiornali era riuscito a farci dimenticare, e cioè che anche se ad andare a picco sono dei gommoni, pur sempre di naufragi si tratta.
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