Cronaca locale

Tutti i trucchetti di Filippo il camaleonte di professione

(...) A lui e ai suoi amici del Pd, a lui e a suoi amici (ex amici? Ancora amici? Vallo a sapere) comunisti che importa il bene di Milano e dei milanesi? Che cosa importa se l’Expo potrebbe rilanciare l’economia nazionale, che cosa importa se potrebbe dare lavoro a decine di migliaia di disoccupati?
Nulla, assolutamente nulla. Il nuovo ruolo di Penati, nell’infausta e improbabile eventualità che venga rieletto, sarebbe soltanto quella di un «guastatore» infiltrato fra le file nemiche.
FILIPPO E L’EXPO - Esageriamo? Niente affatto. Basta rileggersi le dichiarazioni fatte dal quasi ex presidente della Provincia sull’Expo durante la campagna elettorale. Dichiarazioni piene di rancore che hanno l’unico scopo di disturbare e di boicottare; non certo quello di semplificare e di rasserenare come ci si aspetterebbe dal presidente di un ente che siede nel cda della società che gestisce questo avvenimento.
«Se non avessimo perso un anno di tempo i cantieri oggi potevano essere aperti e avrebbero potuto rappresentare una risposta alle difficoltà occupazionali». «L’Expo 2015 è completamente ferma, non stanno (ribadisco che la Provincia è uno dei soci di Expo 2015 ndr) facendo nulla». «Attenzione perché se ci fermiamo all’edilizia, all’Expo del cemento, quei settantamila nuovi posti di lavoro andranno solamente agli addetti dell’edilizia, a muratori marocchini, bulgari, romeni... ; rendiamola un’opportunità per tutti perché l’Expo dell’edilizia va a Smirne, ai muratori turchi». Non c’è niente di costruttivo in queste dichiarazioni, solo la volontà di fare danni e pazienza se i soldi, tanti, messi in Expo da governo, Comune, Regione, Camera di commercio e Provincia dovessero essere sprecati: l’importante è far fare brutta figura a Stanca, a Formigoni, alla Moratti, cioè al centrodestra. L’importante è restare sulla poltrona di Palazzo Isimbardi per altri cinque anni.
FILIPPO IL TRASFIGURATO - In queste ultime settimane, Penati si è dipinto e si è fatto dipingere dai suoi compari come l’uomo che non è e non è mai stato. Come dicevamo all'inizio una trasfigurazione, come il quadro di un'apparizione in divina bellezza e splendore. «Sono un amministratore di lungo corso, che sa assumersi responsabilità e prendere decisioni», ha detto Filippo il bello; passi per il lungo corso, ma il resto è fantasia. E sentite come lo dipingono i candidati della sua lista: «Votare Penati significa non solo premiare una buona amministrazione, ma premiare chi ha avuto e ha, tra i pochi, un'idea del futuro per questo territorio, che sa che qui c’è il motore dell’Italia, che da qui sono sempre partiti i cambiamenti fondamentali per il Paese. Votare la sua lista significa premiare un segnale di innovazione politica». Ma, dico io, questa idea del futuro, questo segnale di innovazione non poteva tirarli fuori cinque anni fa? Perché in questi cinque anni si è limitato a vivacchiare senza prendere mai una decisione, senza dare mai un segnale per far capire anche a noi la sua «idea del futuro»? E, visto che questa idea è tanto affascinante perché non ce la spiegano? In campagna elettorale siamo abituati a sentire di tutto (5 anni fa Penati aveva promesso il taglio dei ticket sanitari, salvo accorgersi, una volta eletto, di non aver alcun potere in materia) ma spararle così grosse è davvero eccessivo.
FILIPPO IL CAMALEONTE - Il meglio di sé Penati lo sta dando in questi giorni su rom e sicurezza. Non vuole più vedere un campo abusivo (ma ne avesse costruito qualcuno «regolare» in provincia), vuole le guardie provinciali in metrò, dice no ai clandestini. Insomma più leghista di Calderoli, più deciso di De Corato, più di tutto e di tutti. Al punto d’aver affascinato perfino l'ex deputato del Msi Tomaso Staiti di Cuddia che gli ha promesso il suo voto. «A questo punto della campagna elettorale potremmo riprendere delle dichiarazioni su Expo, migranti e sicurezza e sottoporle ai cittadini chiedendo di distinguere se sono di Penati o di Podestà. Siamo sicuri che la stragrande maggioranza non riuscirebbe a indovinare l'autore». «Milano è la capitale delle destre che stanno devastando l’Italia. Avevamo bisogno di un centrosinistra in grado di segnare la differenza, ma Penati ha fallito. Proclami securitari (sic! ndr) contro gli immigrati e una Provincia usata per favorire gli interessi dei poteri forti: non ci sono differenze fra Penati e il centrodestra». Parole di Vittorio Agnoletto, eurodeputato di Prc, le prime e un passo del programma elettorale di Massimo Gatti dei Comunisti italiani, schierati con Penati fino a qualche settimana fa. Il problema è che quando va a caccia di voti il quasi ex presidente della Provincia non guarda in faccia niente e nessuno. Dice qualsiasi cosa pur di strappare qualche voto in più a destra, a sinistra, al centro... tanto sa benissimo che poi non farà nulla.
FILIPPO L’AMERICANO - Appena il centrodestra ha candidato Guido Podestà, Penati ha cominciato ad accusare il suo rivale di viltà: sfugge a un confronto televisivo con me», «ha paura di un faccia a faccia davanti ai telespettatori» e così via. Si sentiva un piccolo Barack Obama. Poi il Giornale ha offerto ai duellanti la possibilità di questo faccia a faccia: stesse domande, stessi spazi, stessa grandezza delle foto, stessi caratteri e numero di colonne per i titoli. A fuggire è stato Penati che, dopo aver accettato l'invito, all'ultimo momento se l’è data a gambe. Come ha fatto dopo essere stato invitato da Bruno Vespa, assieme a Guido Podestà che aveva detto sì, in un confronto all’americana a «Porta a porta». Se non altro Penati ha smesso di dire che Podestà ha paura di lui.
FILIPPO IL «CASELLANTE» - Chiudiamo rendendo l’onore delle armi a Penati. Come abbiamo già detto, una cosa durante i suoi cinque anni da presidente della Provincia l’ha fatta: l’acquisto della maggioranza delle azioni dell'autostrada Milano-Genova. Un’impresa in cui si è buttato, appena insediato a Palazzo Isimbardi, a corpo morto. Non lo hanno fermato né ostacoli, né critiche. Né i nemici (politici) né gli amici (politici). Lasciamo giudicare questa impresa da chi, all’epoca, faceva parte della sua maggioranza, i Comunisti italiani: «Penati ha trasformato la Provincia di Milano in una banca d’affari che compera e vende azioni: per acquistare l’autostrada Serravalle (Milano-Genova) ha speso 238 milioni di euro, comperando le azioni da Marcellino Gavio, che ha usato questi soldi per entrare nella scalata alla banca Bnl (quella dello scandalo di Bancopoli dei «furbetti del quartierino»). L’acquisto di Serravalle non serviva ai cittadini milanesi, serviva per favorire il controllo di una grande banca italiana».
Insomma adesso sembra che abbia un mucchio di idee e tantissime cose da fare ma durante i suoi cinque anni Penati ha dato solo un'ampia dimostrazione dell'inutilità della Provincia. Visto però che questi enti non sono stati ancora aboliti, vale la pena di cambiare.

Se non altro per vedere se anche una Provincia può fare qualcosa di utile.

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