RomaStrano destino, quello di Sergio Chiamparino. È stato per anni fuori dalle cordate, lontano dai riflettori, spesso in minoranza nel Pci-Pds-Ds-Pd. «Peone» in Parlamento, è diventato sindaco di Torino nel 2001 per un caso fatale, un lutto improvviso, la morte in campagna elettorale del candidato di centrosinistra, Domenico Carpanini, suo buon amico. «Mi sentii un usurpatore», confessò. Eppure gran parte di quello stesso partito che lo ha tenuto ai margini oggi lo invoca come un messia, spera in lui come nelluomo della provvidenza, lo guarda come lunico traghettatore capace di portare il Pd fuori dalla palude in cui è arenato.
E mica solo tra i suoi compagni: raccontano gli amici che il suo cellulare era bollente, negli ultimi giorni. Telefonate di informazione, di incoraggiamento, persino di moral suasion: «Tu potresti salvare quel partito». Telefonate che partivano dai piani alti di Confindustria (con laltro grande Sergio di Torino, Marchionne, il sindaco non solo stringe accordi importanti per Mirafiori ma va anche a cena in pizzeria e gioca a scopa. Battendolo) e anche da quelli del governo Berlusconi. Chiamparino è un interlocutore stimato da molti, nel centrodestra: Gianni Letta e Bobo Maroni, Giulio Tremonti e Renato Brunetta - se potessero - farebbero il tifo per lui. «Non credevo di avere un alto gradimento simile», ammette lui con il solito ironico distacco. E intanto riflette. Vuol continuare a fare il sindaco, «rispettare i miei elettori». Ma gli amici dicono che, se la situazione nel Pd si incartasse davvero troppo, se si finisse sullorlo dellimpasse, se il partito lo chiamasse per restare unito, insomma, lui ci sarebbe. Se poi si andrà alla conta tra Bersani e Franceschini, non si schiererà fino allultimo. Ma «la mia storia» lo porterebbe a votare il primo. Anzi, lo descrivono irritato dal tam tam veltroniano che lo dipinge più propenso verso Franceschini.
Una vita in minoranza: nel 1984 si oppose al referendum sulla scala mobile voluto da Berlinguer. Bollato come «craxiano», dovette abbandonare gli incarichi di partito e in Cgil. Nel 96 entrò alla Camera, premiato per aver costruito la vittoria di Castellani a Torino. «Avevamo una segretaria in quattro», raccontava per spiegare lo status da peone. Ma era molto amato dai giornalisti, cui spiegava senza peli sulla lingua né ansie di protagonismo gli interna corporis dei Ds. Nel 2001 fu Fassino a pregarlo di prendere il testimone di Carpanini, appena morto di ictus. Ci pensò qualche giorno, accettò e vinse clamorosamente. Non è mai stato né con DAlema né con Veltroni, ma entrambi lo hanno corteggiato. Il primo gli ha dedicato la copertina di ItalianiEuropei, come luomo del federalismo. Il secondo, da sindaco di Roma, cercava per prima cosa la sponda di Torino nelle trattative importanti. È sempre stato considerato un «destro». Forte formazione laburista, ispirazione liberal, gusto di andare controcorrente. Fautore del partito del Nord, convinto che la Lega vada combattuta sui contenuti, fermo fino a sfidare limpopolarità a sinistra sui temi della sicurezza, dellimmigrazione, delle grandi opere tipo Tav. Laico senza giri di parole: che rapporto ha col sacro?, gli chiesero in unintervista. «Assolutamente nessuno», rispose. Laico in politica e nella vita. Sposato da trentanni con Anna, uninsegnante, ha ammesso pubblicamente una lontana passione extraconiugale, «un colpo di testa» che - una volta confessato - ha reso «più forte» il matrimonio. Sia pur dopo molta «sofferenza di tutti, compresa la mia».
Una cosa è certa: Chiamparino non verrà mai fotografato al timone di un Ikarus o su una spiaggia tropicale. Non sopporta il mare e neppure i laghi, sta alla larga da ombrelloni e pattini.
Tutti pazzi per Chiamparino, leterno escluso dai vertici perché «destro» e «craxiano»
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