Tutti pazzi per il faccia a faccia col Cav

RomaCapitolo 1: alla fine degli anni ’90, dal suo scranno al Quirinale, Oscar Luigi Scalfaro sentenziò: «Par condicio. Ci vuole la par condicio!». Ebbe l’invocata legge (nr. 28 del 2000) e l’allora Ulivo gridò al miracolo. Salvo pentirsi dieci anni dopo quando, finalmente, fu regolamentata dalla commissione di Vigilanza, il che ha indotto gli eredi del piantone prodiano a strillare contro l’attacco alla libertà e a sostenere che la democrazia è alle corde.
Ora tocca al capitolo 2: da mesi Bersani, Di Pietro e Casini alzano la voce contro il Cavaliere. Ben che gli vada gli appioppano del mestatore e del bugiardo. Ma guarda tu il caso, a meno di una settimana dal voto son lì tutti e tre a reclamare un «faccia a faccia» televisivo col premier. Si potrebbe facilmente ironizzare sul fatto che è l’ennesima riprova di come a sinistra si siano bevuti il cervello. Ma la verità è ben più subdola. Reclamano il confronto tv perché sanno perfettamente che non l’avranno e così in queste ore son già chini alle scrivanie per mettere a punto nuove dichiarazioni di fuoco contro Berlusconi-Nerone, che impone il suo volere a tutte le tv, che evita accuratamente di rispondere alle loro domande, che fugge davanti alla realtà di cui loro soli sono i portatori sani.
«Avrei da chiedergli mille cose» ha fatto sapere ieri l’ex-capo-manipolo di Mani Pulite. Chissà perché si è deciso solo adesso a comunicare di avere tanti interrogativi da porgli, anziché stare a riempirlo di contumelie per mesi e mesi. «Gli chiedo un faccia a faccia tramite Sky, visto che i faccia a faccia si fanno tra chi non è d’accordo. E che se Obama non avesse avuto i faccia a faccia con McCain, difficilmente sarebbe stato presidente degli Usa» gli ha fatto sponda Pierferdy Casini. Facendo finta che la corsa ai governatorati non lo riguardi granché e scordando magari che proprio il nuovo presidente degli Stati Uniti solo qualche tempo fa ha dichiarato «non opportuna» l’insistenza di alcuni democratici nel voler imporre la par condicio (Fairness doctrine) anche al di là dell’Atlantico, dopo che la stragrande maggioranza dei suoi predecessori aveva minacciato il veto ad un’idea del genere.
Buffa comunque questa crescita delle pretese di apparire come contraltare del Cavaliere: Bersani, Di Pietro, Casini, magari anche i radicali, i verdi e la sinistra antagonista sputazzano quotidianamente su Berlusconi e i suoi, ma oggi si dicono prontissimi al «confronto verbale» non mancando di sottolinearne la forte impronta di democraticità. Da quel che si è visto già sugli schermi della politica nazionale, c’è poco da credere alla voglia di confrontare programmi e candidati. Tutt’al più si cerca l’occasione per l’ennesima gazzarra. Del resto, specie nel centrosinistra italiano allo sbando come lo sono ahimè spesso i drogati in astinenza si pensa che solo una bella rissa possa risollevare i travagliati che ormai da qualche tempo devono fare a meno della loro dose settimanale.
Così si invoca il duello tv come fosse un’ordalia medioevale. Si affilano le armi e si scommette sul giudizio divino. Dice: e se perdi? E quando mai! Un passaggio in tivù comunque paga sempre in voti, anche se ne esci a pezzettini.

E allora su a strillare ancora con quanto fiato si ha in gola: faccia a faccia, faccia a faccia!!! E quando poi te lo rifiutano, come in fondo ti aspettavi, vai coi fischi e i pernacchi. Pulcinella è pur sempre italiano, vero?

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