Eleonora Barbieri
da Milano
Il nome suona come una leggenda metropolitana o un personaggio di Woody Allen, il «pugile patito di yiddish»: ma questa volta ci ha pensato la realtà a dare vita alla nuova figura, nientemeno che Mike Tyson. Iron Mike, abbandonati i sogni di gloria sul ring, si è infatti scoperto un amante della lingua nata nelle zone dellEuropa orientale e, per descrivere se stesso, ha fatto ricorso alla parola «schmuck», una via di mezzo fra la persona «sgradevole» e lo «zuccone».
Limpresa di trovare un vocabolo adatto a sé non era facile; se però uno come Tyson, non certo noto per la raffinatezza verbale, prova addirittura a destreggiarsi con lyiddish rimangono pochi dubbi sul fatto che questo dialetto a metà fra lebraico e il tedesco sia decisamente alla moda, anche fra chi non ha mai fatto delleclettismo culturale un cavallo di battaglia.
E infatti, come ha notato Michael Bywater sullIndependent, lyiddish trova adepti insospettabili, come il camaleontico Jim Carrey o come Ricky Gervais che, a proposito della sua creatura più celebre, i Simpsons, ha parlato di Maggie come di una «putz», una «un po stupida». Semplice contaminazione, nuova frontiera del radicalchic o entusiasmo autentico? Spiegazione di Bywater: lyiddish rende felici, perché «provate a essere insultati in inglese, in russo o anche in italiano e vi sentirete feriti o magari vi arrabbierete»: beccatevi qualche improperio in yiddish «e sarete estasiati, in qualche modo addirittura compiaciuti», come fossero complimenti.
È facile essere catturati dal fascino di questa lingua un po intellettuale, icona della battuta fulminante; ma è altrettanto semplice utilizzarla a sproposito: per esempio, chiosa il giornalista britannico, il termine più corretto per Mike sarebbe stato «yutz», traducibile alla stregua di un «rozzo ignorante». Ostacoli delle sfumature: normale, quando si ha a che fare con una tradizione millenaria.
Se nè accorta anche Madonna, che ha reso pubblico il desiderio di essere «zaftig», ovvero una donna formosa e attraente, in pratica come la Bellucci. Aspirazione comprensibile, anche se poco coerente con lo stile della signora Ritchie; ma forse voleva soltanto far sfoggio della sua passione per la cultura ebraica che, da qualche anno, ha cominciato a monopolizzare le sue giornate, come assidua seguace della cabbala o, meglio, del «Kabbalah centre» di Los Angeles. Lassociazione è parte del circuito fondato da Philip Berg a New York ed esportato in tutto il mondo e che, a detta dei vertici, conta qualche milione di devoti alla spiritualità del braccialetto rosso, il sottile tessuto che appare al polso dei divi come di tutti i comuni discepoli. Madonna lo sfoggia ormai da tempo, così come il tatuaggio sul braccio, che riproduce uno dei 72 nomi di Dio, appellativi che, secondo Berg, hanno il potere di attirare energia positiva su chi li osserva, anche se non sa leggere lebraico. Uno dei punti fermi della dottrina è infatti che tutti, anche non ebrei, possano diventare seguaci della cabbala: basta pregare, seguire la disciplina e, anche, effettuare le donazioni del caso, come i circa 5 milioni di dollari versati dalla ex miss Ciccone.
Madonna è così appassionata da aver dedicato una canzone del suo ultimo album, Isaac, a Yitzhak Luria, mistico del Cinquecento e da essere riuscita a contagiare molte star amiche, come Mick Jagger e Britney Spears, la cui adesione allassociazione sarebbe stata suggellata, secondo alcuni, dal famoso bacio lesbo sul palcoscenico.
Anche lattrice Roseanne Barr ha attribuito la sua rinascita allistituto di Los Angeles, cui è stata introdotta da Sandra Bernhard, la donna che è riuscita ad avvicinare al centro molti inquilini delle colline di Hollywood, fra cui, pare, Barbra Streisand e la stessa Madonna, poi diventata la vera «pr globale» dellassociazione. La disciplina di Berg è riuscita a entrare anche in casa di Demi Moore e Ashton Kutcher (così ligio da indossare luniforme bianca prescritta agli uomini per scacciare le forze negative) e, dallaltra parte delloceano, di David e Victoria Beckham.
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