Tutti sbagliati i conti del giudice anti Fininvest

I periti del tribunale smontano la sentenza di primo grado che aveva condannato l'azienda del Cavaliere a versare 750 milioni alla Cir di De Benedetti. Rilevati errori di concetto, di calcolo e perfino un arrotondamento immotivato. Il risarcimento deciso da Mesiano va ridotto del 35-41 per cento

Tutti sbagliati i conti del giudice anti Fininvest

Milano - Comunque vada a fini­re, non sarà di 750 milioni il ri­sarcimento che la Fininvest di Silvio Berlusconi dovrà versa­re alla Cir di Carl­o De Benedet­ti per ricompensare l’Ingegne­re dell’ingiusta sconfitta nella «guerra di Segrate» del 1990 per il controllo della Monda­dori. Ieri i consulenti della Corte d’appello di Milano hanno depositato la perizia che analizza cosa accadde davvero nelle convulse setti­mane in cui vent’anni fa i due imprenditori si contesero la casa editrice milanese. E han­no stabilito che quando Rai­mondo Mesiano, giudice di primo grado, quantificò in 750 milioni il danno patito da De Benedetti, commise alme­no tre errori. Uno di concetto.

Uno, marchiano, di puro cal­colo. Ed un arrotondamento che non aveva ragion d’esse­re. Rifatti i conti, seguendo e svi­luppando il ragionamento dei periti, il conto totale dei danni va sensibilmente ridi­mensionato: tra il 35 e il 41 per cento. In soldoni, significa che Fininvest potrebbe venire condannata a risarcire tra i 440 e i 486 milioni. Un rispar­mio sensibile, rispetto ai 750 stabiliti da Mesiano. Ma co­mu­nque una stangata con po­chi precedenti nella storia giu­diziaria italiana. Per il gruppo del Biscione,i cui legali aveva­no­sostenuto l’assenza di qual­siasi danno per De Benedetti, è una sconfitta mitigata solo in parte dal sensibile «sconto» concesso dai periti (il profes­sor Luigi Guatri, ex rettore del­la Bocconi, Maria Martellini e Giorgio Pelliccelli). Certo, la decisione tocca ai giudici. Martedì prossimo le due aziende in lite dovranno comparire davanti alla secon­da sezione civile della Corte d’appello milanese,presiedu­ta da Luigi de Ruggiero, e c’è da scommettere che i legali del Biscione si presenteranno decisi a contestare energica­mente la consulenza deposita­ta ieri. Ma la sensazione è che i magistrati attribuiscano al pa­rere dei tre esperti un peso de­cisivo e difficilmente aggirabi­le. Nel giro di qualche mese la causa d’appello potrebbe arri­vare a conclusione. E a quel punto l’efficacia della senten­za - congelata di comune ac­cordo nell’ottobre scorso in at­tesa del processo di secondo grado - potrebbe tornare im­mediata. In sostanza, prima della prossima estate De Bene­detti potrebbe bussare alla porta del Cavaliere chieden­dogli di staccare il mega- asse­gno. Abbastanza semplice rico­struire come Guatri e i suoi col­leghi sono arrivati alle loro conclusioni. Mesiano a suo tempo aveva calcolato il dan­no confrontando la prima ipo­tesi d’accordo tra l’Ingegnere e il Cavaliere per la spartizio­ne della Mondadori, che pre­vedeva un conguaglio a favo­re di De Benedetti, e quella poi effettivamente stipulata, dove ad incassare il congua­glio era invece Berlusconi. Nel mezzo, a modificare gli equilibri, c’era stata una sen­tenza della Corte d’appello di Roma, ottenuta da Fininvest grazie alla corruzione di uno dei giudici: così ha stabilito in via definitiva la Cassazione nel 2007. Ora i periti milanesi rifanno radicalmente il conto. Non ba­s­ta fare la somma dei due con­guagli, ma analizzare come, nel tempo intercorso tra le due ipotesi di accordo, cioè tra il giugno 1990 e l’aprile 1991, oscillarono i valori di Borsa delle quattro società og­getto della spartizione (Mon­dadori, Repubblica, Espres­so, Finegil). Risultato: il dan­no va ridotto del 18,8 per cen­to.

A questo va aggiunta la cor­rezione dello sbaglio di calco­lo compiuto da Mesiano, che pesava tra i 34 e i 54 milioni di euro. E la rimozione integrale del robusto arrotondamento a favore di Cir (circa 47 milio­ni di euro) compiuto dal giudi­ce di primo grado sotto la voce «integrazione equitativa», e che i consulenti ritengono im­motivato.

Dopodiché tutto va moltiplicato per la rivalutazio­ne e gli interessi relativi al lun­go tempo trascorso. Ed è così che si arriva- come conferma­no al Giornale fonti vicine ai consulenti della Corte d’ap­pello - a quantificare il risarci­mento.

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