"Tutto" Buffoni tra futuro e preistoria

L'edizione delle "Poesie" consta di mille pagine

"Tutto" Buffoni tra futuro e preistoria
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Il libro che raccoglie cinquant'anni di Poesie di Franco Buffoni (Mondadori, pagg. 976, euro 20) è, più che altro, un totem, è un libro-mausoleo. Più che per la mole quasi mille pagine per gli apparati (biografia, amazzonica bibliografia, puntuali commenti dell'autore); su tutti, si legga l'introduzione di Massimo Gezzi, esegeta massimo di Buffoni (64 pagine per 177 note). In Poeti italiani del secondo Novecento antologia mondadoriana di un ventennio fa Stefano Giovanardi esauriva il profilo di Buffoni in una paginetta, con una frase, tuttavia, gravida di sensi: «Ha lungamente elaborato in proprio una sua peculiare cifra poetica... che ha pochi precedenti nella più recente tradizione italiana». Che cosa vuol dire? Che l'opera di Buffoni classe 1948, esordio tardivo, sotto l'ala di Raboni, con Nell'acqua degli occhi (1979) è un laboratorio aperto, di fertilità ferina. Che cosa vuol dire? Che Buffoni sa alternare venefiche crudeltà («Ho ventitré anni. Sono sieropositivo. Dall'età di nove anni sono stato il pompinaro di mio padre. Cerco teroni e marocchini per leccargli i piedi sporchi, il culo dopo che hanno cagato e farmi pisciare in bocca», da Guerra), a versi in pieno candore («E tu ti decomponi nel ritratto di San Rocco/ Al Sacro Monte, quasi gli somigli,/ Perdi un pezzo ogni anno, ogni stagione/ Ti scompare un colore, tu svanisci», da Il profilo del Rosa) con eguale leggerezza e sintomatica sprezzatura.

Quanto al resto, di un poeta consapevole e pubblico come Buffoni (sfogliate il suo sito: www.francobuffoni.it), si sa già tutto: le raccolte più belle così dice la critica sono i polimorfici romanzi in versi Suora carmelitana e altri racconti (1997), Il profilo del Rosa (2000), Guerra (2005). Nell'ultima raccolta assemblata in questa antologia, La coda del pavone (sublime autoironia del poeta), Buffoni trova un piglio gnomico, redige una specie di fantomatico bestiario, riesce in poesie d'umor nero: in AI scrive che «ad attenderci/ È un futuro remoto transumano». Dalla raccolta precedente, di poesie scientifiche, Betelgeuse (2021), estraggo Evoluzione: il poeta è «ei pressi dell'Olimpico», la vista delle «prime avanguardie di tifosi» che «scendevano dai pullman con le sciarpe» gli fa venire in mente «il Facivermis, simile ad un verme/ Ma con vicino al capo/ Cinque paia di zampe spinose».

Nel 1999, insieme a Edoardo Zuccato, Buffoni ha curato un libro sull'Arte rupestre del Lago Maggiore: quello studio sui petroglifi (edito da Interlinea) può fornire una via di ricerca meno ovvia nell'opera del poeta. Le poesie di Buffoni grondano di Sapiens (ergo: Homo Stupidus), di Neanderthal e di Lascaux; in alcuni testi si va al Triassico, in altri al Precambriano. Traduttore d'eccellenza tra i tanti, ha tradotto Kipling , non credo che Buffoni abbia a che fare con Celan o con Céline, come allude la nota introduttiva.

Va apparentato all'opera di James Merrill, di John Ashbery e di Thom Gunn, poeti diversamente straordinari, che hanno spalancato nuove possibilità alla scrittura in versi. Per il resto, ci resta un libro-poema di disperata vitalità, tra «la cerva che dal fiume si ritira» ai «camion di Walt Whitman», tra «sauri marini», «glitch» e «supernove»: un sempiterno alleluia.

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