Con tutto il cuore, gli anni ’90 nel racconto di tre giovani figli della «Milano da bere»

Lionello Guelfi è direttore marketing nei servizi finanziari. Giulio Gabbioneta è un ingegnere e ha aperto una propria attività nel design. Andrea Canto ha lavorato nel settore dell'aeronautica e della finanza e ora sogna un carriera da scrittore. Hanno tutti 37 anni, sono figli, «in parte disillusi» della «Milano bene». Si sono conosciuti al liceo scientifico Gonzaga, fine anni ’80. Poi le loro strade si sono separate, per reincontrasi tra le pagine di un libro, scritto a sei mani, tra l'Italia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti, con l'utilizzo di Skype, posta elettronica, chat e videoconferenze.
Con tutto il cuore (Baldini Castoldi Dalai) è il nome della loro opera, che narra uno spaccato milanese degli anni Novanta, fatto di università private, belle macchine, feste esclusive, ma anche di alcol, depressione, droghe, amore e sentimenti. E' la storia - che si dipana tra St. Tropez, Milano e Tallin in Estonia, in un mix di episodi reali e immaginari - di tre persone con punti di partenza simili, che proseguono per direzioni differenti, per poi ritrovarsi e dare un senso alle proprie avventure grazie all'amicizia. «Il titolo - spiegano gli autori - non è casuale e sottintende l'attitudine dei protagonisti ad affondare l'esistenza al massimo.
E' una versione romantica della celebre frase “succhiare tutto il midollo della vita“ di H.D. Thoreau, condita da un profondo rispetto per le relazioni umane autentiche». Con tutto il cuore è anche la testimonianza di una città profondamente cambiata, oggi aperta, multirazziale e cosmopolita, fino a 15 anni fa chiusa e ristretta, per la presenza di una borghesia che ne deteneva il dominio e che ora «si ritrova quasi confinata in alcuni quartieri rimasti uguali a se stessi, o espulsa nelle tante cittadine dell'hinterland».
D'accordo con gli autori, sul fatto che Milano non sia più quella di un tempo, anche tre noti «rappresentanti» della metropoli. Per lo stilista Elio Fiorucci «gli ’89 e i ’90 sono stati gli anni della conservazione, della formalità e dell'etichetta nell'abbigliamento. Ora si è tornati alla trasgressione tipica dei 70'. La moda non è più un obbligo e questo è un bene». Per Matteo Cassano, organizzatore di eventi ed ex dj, «oggi, paradossalmente, i veri borghesi vogliono sembrare più umili, vestono e si atteggiano in maniera alternativa, magari rispolverando capi vintage dei genitori. La classe medio-bassa, invece, ama ostentare».

Anche per Bruno Minacapilli, ristoratore in città, «Milano è cambiata, ma decisamente in peggio.
Il centro è morto per colpa di cantieri abbandonati, come quello di Piazza XXV aprile, destinato alla costruzione di un parcheggio» Come dire: la città ha perso i suoi classici luoghi di aggregazione.

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