Tutto il giornalismo monito per monito

Chiamato a titolare un articolo su un increscioso fatto di cronaca nera (un uomo divenuto impotente aveva ucciso la moglie che si era trovata un amante), e avendo a disposizione solo tre colonne, il grande Dino Buzzati tirò fuori dal cilindro la seguente mirabile sintesi: «Non coniugava l’imperfetto».
Senza arrivare a simili colpi di genio, mi domando se non si possa perlomeno essere un po’ più fantasiosi nel titolare i giornali del giorno d’oggi. L’impressione è che spesso si azioni il pilota automatico e si riempiano gli spazi con frasi fatte, slogan, stereotipi che oltretutto hanno il difetto di essere noiosissimi. Ad esempio: quante volte usiamo la parola «monito»? Ho fatto una rapida ricerca: 5.213 risultati sul sito del Corriere della Sera, 6.971 su quello di Repubblica, 942 La Stampa, 468 il Giornale.
Andando poi a vedere titolo per titolo, ne è uscito un campionario interessante: nel senso che non si capisce perché, con prime pagine del genere, dovrebbe esserci, la mattina, ressa davanti all’edicola. Corriere della Sera: «Il monito di Obama»; «25 aprile, monito di Napolitano»; «Tettamanzi e il monito ai politici»; «Kosovo, monito di Putin all’Occidente»; «Benedetto XVI, monito a Veltroni». Repubblica: «Immigrati, il monito del cardinale»; «Basta aborti per motivi economici: sì bipartisan al monito di Napolitano»; «Monito di Napolitano: basta tribune tv agli ex terroristi»; «Expo 2015, il monito di Tettamanzi»; «Diossina, il monito di Napolitano»; «Il monito di Ratzinger divide i partiti». La Stampa: «Rifiuti in fiamme, emergenza a Napoli: monito dell’Ue»; «Giustizia, il monito di Napolitano»; «Fmi, monito al prossimo governo»; «Berlusconi, monito all’Unione sul Quirinale»; «Conti pubblici, monito di Almunia»; «Bush in Kuwait, monito a Siria e Iran»; «Il monito del Papa: no ad unioni che non siano tra uomo e donna»; «Monito di Draghi alle banche». E quindi noi del Giornale: «Il monito dell’Fmi all’Italia»; «Il monito della Cei: salari e famiglia, fare presto»; «Rifiuti, monito Ue»; «Telecom, duro monito da Usa e Ue».
Si potrebbe andare avanti quasi all’infinito. Colpisce il singolare destino del termine «monito»: è sovrabbondante nei titoli dei giornali, ma praticamente inesistente nel linguaggio comune.

Non immagino un marito che dice alla moglie: «Diamo un monito a nostra figlia sugli esami di riparazione», o un capoufficio che dice al fannullone vieni qui che ti faccio un monito così. Questo articolo comunque non è una critica alla nostra categoria. È un monito.

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