«Tv, no all’uso politico Ma le idee del Polo devono pesare di più»

Adornato: «Il centrodestra deve affermare una sua creatività. Quella della sinistra è ferma agli anni 60»

Francesca Angeli

da Roma

Adriano Celentano e Michele Santoro hanno radunato la metà degli italiani davanti al piccolo schermo. Dopo averli visti qualcuno a destra si è alzato in piedi e ha deciso di dire la sua. Senza peli sulla lingua ma anche senza la stessa affollatissima platea di Santoro perché comunque a loro Celentano non li ha invitati. Sul Giornale di ieri Giordano Bruno Guerri scrive rivolto al governo e ai politici di centrodestra che il programma di Celentano e il ritorno di Santoro in Rai sono l’inevitabile conseguenza dell’incapacità della Casa delle libertà di offrire alternative valide. In sostanza, dice Guerri, la Destra ha piazzato uomini mediocri perché ha avuto paura di quelli bravi ma magari troppo indipendenti. E mentre Guerri scrive queste parole per il Giornale Antonio Socci, in un’intervista al Corriere della Sera, accusa impietoso: «La Casa delle libertà ha perso due scommesse quella del rilancio dell’economia e la sfida culturale soprattutto sulla Rai». Quindi, conclude Socci, meglio Santoro che niente. Ma lo spettro di un’invincibile egemonia culturale di sinistra che impregna la società a tutti i livelli non agita i sonni del presidente della commissione Cultura di Montecitorio, Ferdinando Adornato. Quell’egemonia, dice, è finita da un pezzo. «Ma l’egemonia culturale comunque in nessun caso giustifica o giustificherebbe l’uso politico della televisione da parte di personaggi come Santoro - dice Adornato - E il fatto che il centrodestra non abbia fatto un uso politico della tv è un nostro merito. Non abbiamo voluto farlo».
La destra ha perso la sfida culturale sulla Rai?
«Quella sfida non è mai cominciata: soltanto ora stiamo entrando in quella fase. Noi abbiamo già vinto la prima fase nella quale si giocava la battaglia delle idee. Ora non c’è un campo nel panorama internazionale nel quale non sia chiara la fine delle forza propulsiva delle idee di sinistra. Sono scesi in campo nuovi paradigmi, si riafferma il primato della persona distrutto dai regimi totalitari del secolo scorso. Nel campo economico, nella politica delle riforme, nella vita comune, anche nell’analisi della sicurezza di fronte al nuovo rischio terrorismo i paradigmi di sinistra non funzionano più, appartengono al secolo scorso. Anche la sinistra se vuole governare si sposta a destra. Penso a Schröder, a Blair e pure a Cofferati. È una svolta iniziata negli anni ’80 con Reagan e la Thatcher sul piano politico e con Papa Wojtyla sul piano spirituale. La battaglia delle idee è vinta ora qui in Italia dobbiamo ancora iniziare la battaglia per la conquista degli apparati culturali».
Ovvero?
«La Rai, la scuola, l’Università, il Festival di Venezia. Ovunque si fa e si produce cultura. Ovviamente non si tratta di passare da una forma di occupazione ad un’altra o di sostituire una persona con un’altra ma di un processo creativo».
La conquista degli apparati non è una conseguenza naturale della vittoria delle idee?
«Ma in Italia questo è un fatto nuovo e a noi mancano proprio i mediatori negli apparati culturali, la classe di mezzo».
Per esempio un Angelo Guglielmi come direttore di Raitre e una Sabina Guzzanti che porti i suoi sketch in teatro e in tv?
«Sì e anche un Maurizio Crozza che canti Zapatero».
Ma non avrebbero potuto o dovuto essere anche un Antonio Socci o un Giordano Bruno Guerri?
«Non si tratta di singoli. Socci e Guerri sono bravi ma abbiamo bisogno di un processo collettivo. I tempi sono maturi ma siamo agli inizi».
Ma c’è qualche segnale?
«Proprio Guerri e Socci sono segnali concreti e anche il Foglio di Giuliano Ferrara e il suo programma».
Perchè non c’è stato in questi anni un Santoro di destra?
«Ci vuole tempo come ho già detto e non si tratta di sostituire una persona con un’altra. Non mi piace l’uso politico della tv e Santoro che dice il microfono è mio. Il microfono è di tutti, lui sì che “occupa” la Rai. E comunque la creatività a sinistra è finita. O la buttano in politica o in satira politica, sono fermi agli anni ’60. Le fiction di successo sono quelle su San Pietro certo non piacciono a sinistra. Noi siamo in fase di costruzione loro in quella della decadenza».
Ma non è un po’ tardi? Siamo a fine legislatura.
«Io non credo che perderemo le elezioni. Certamente occorre una svolta per tradurre le nostre idee in creatività.
La Destra ha la cultura ma non sa incoraggiarla né motivarla, dice Guerri.
«La sensibilità da parte delle forze politiche non c’è stata. Ma devo dire che per noi il compito è più difficile perché la sinistra ha nutrito e coltivato intellettuali organici e militanti. Per noi è diverso.

Serve una mobilitazione culturale: organizzare conferenze sulla didattica e l’insegnamento, aprire scuole di teatro, centri di produzione artistica, creare luoghi di incontro, circoli liberi e liberali per costruire una classe di mediatori, operatori culturali».

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