Tv, Primocanale dichiara guerra a Raitre

Tv, Primocanale  dichiara  guerra a Raitre

«Il servizio pubblico, in Liguria, non lo fa Rai 3. Lo facciamo noi. Che però non facciamo pagare il canone ai telespettatori!»: lancia in resta, l’editore di Primocanale, Maurizio Rossi, fa partire da qui la battaglia a favore della libera concorrenza e del rispetto dei ruoli per i soggetti protagonisti del mercato televisivo locale.
Ma Rossi ci tiene anche a precisare subito: «Non ce l’abbiamo con i giornalisti e i tecnici della tv di Stato, che anzi sono ottimi professionisti. Il problema è un altro, riguarda le scelte generali del sistema, e quindi il presente e il futuro dell’informazione».
L’emittenza privata - spiega poi il direttore di Primocanale, Mario Paternostro - in questi anni ha dimostrato «sul campo» di realizzare in concreto quella che si definisce «una vera e propria televisione di servizio. Basta pensare alle trasmissioni in diretta nei giorni del G8 di Genova, nel luglio 2001, ma anche, in tempi più recenti, ai programmi dedicati alla città capitale europea della cultura nel 2004. Tutti eventi cui Rai 3 non ha certo dedicato molta attenzione...».
Ma è stato in occasione delle calamità naturali che Primocanale «ha dato il massimo» sotto forma di notiziari e servizi speciali, e informazioni minuto per minuto che si sono rivelate essenziali - lo hanno riconosciuto le istituzioni e le amministrazioni pubbliche - per affrontare l’emergenza, far arrivare i soccorsi e allertare i cittadini con la dovuta tempestività. «L’episodio più recente - sottolinea ancora Paternostro - è quello dell’incendio alla Iplom di Busalla: dopo pochi minuti, c’era già una nostra troupe di inviati sul posto che ha trasmesso fino a tarda ora, contribuendo a dare a tutti, abitanti, soccorritori e spettatori, l’esatta percezione della vicenda -. Ecco cosa intendiamo noi - dichiara il direttore - per servizio pubblico, una scelta precisa e un obiettivo costante dell’azienda che, fra l’altro, ha deciso di fare a meno di televendite e cartomanti, con i relativi introiti: fra i 300 e 400mila euro!».
La situazione rischia di peggiorare, insiste Rossi, con l’entrata in funzione del digitale terrestre: «Sarebbe un settore molto importante per l’emittenza privata, perché non lasciarlo a noi anziché alla solita Rai? I segnali che arrivano ripetutamente dal vertice dell’azienda sono al contrario, nella direzione di allargare ulteriormente la sfera di influenza anche in ambito locale. E allora - continua Rossi - io mi domando, come imprenditore: ha senso continuare a investire, come faccio, nella mia struttura quando non esiste la certezza della normativa, si restringono gli spazi di concorrenza, ma nel frattempo la Rai, che ha 5mila miliardi di lire di introiti fra pubblicità e canone, può maramaldeggiare a proprio piacimento?».
L’editore di Primocanale si dice «molto preoccupato dell’involuzione della vicenda: quando i dirigenti della Rai, a proposito del digitale terrestre, parlano apertamente di “aumento della possibilità di targettare l’offerta“, e di porsi come interlocutori sul territorio anche per quanto riguarda i servizi interattivi, a noi restano pochi spazi di manovra». Senza contare, interviene ancora Paternostro, che la tv di Stato incamera altri soldi con la stipula di convenzioni con enti pubblici e ministeri: ne è un esempio il televideo regionale che, in realtà, fornisce notizie di carattere nazionale. Una «invasione di campo» in piena regola che penalizza enormemente l’emittenza locale.


Primocanale, dunque, vuole aprire un dibattito a tutti i livelli, con manifesti, inserzioni sui quotidiani, spot. E la prima risposta arriva subito, da Rifondazione comunista, col segretario Giacomo Conti che promette di portare il problema all’attenzione del consiglio e della giunta regionale.

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