Che bel flop, Vittorio

Quando lo share è indicatore di populismo. E Vittorio Sgarbi resta un grandissimo critico d'arte

Che bel flop, Vittorio
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Beh, detto che la parte migliore della serata è stata quando Lilli Gruber obtorto botox è stata costretta a cedere la linea a Vittorio Sgarbi, e chissà quanto avrebbe preferito darla a Tomaso Montanari, ci spiace che l'evento speciale «Vittorio Sgarbi racconta Michelangelo» su La7 sia andato male: 2,8% di share per 438mila miseri spettatori. Secondo chi si intende di tv, un flop. Noi che non ce ne intendiamo, pensiamo che fosse una trasmissione inadatta al pubblico di gattare di La7.

(Dài, scherziamo)

Comunque siamo quasi felici del tonfo. Vi meritate Corrado Augias.

Quello che non capiamo, però, sono i commenti di tanti spettatori. «Si può dire tutto sullo Sgarbi politico, ma non sullo Sgarbi critico». «L'uomo non lo voglio vedere, ma lo storico lo voglio ascoltare». «Dovrebbe solo parlare d'arte, peccato perda tempo col resto».

Come se si potesse sciogliere il paradosso irrisolvibile di un uomo che vive l'arte come una conseguenza della vita, e viceversa. Sgarbi lo si ama per gli stessi motivi per cui si detesta. Perché di qualsiasi cosa parli arte o politica ti dice sempre qualcosa che tu non pensi. Si chiama genio.

Tu, Vittorio, l'altra sera mi hai insegnato che «I pittori sono la prova che Dio esiste: è per questo che l'arte non muore».

Ma non muore anche perché certi uomini la sanno vivere e poi raccontare. E lo share è solo un indicatore di popolarità; se non di populismo.

Per tutto il resto, grazie.

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