Il piglio c'è, lo stile è sempre lo stesso, ma è un Vittorio Sgarbi affaticato dopo la malattia quello che appare a Cinque Minuti di Bruno Vespa su Raiuno. Giacca blu, occhiali con la montatura rossa in pendant con il panciotto, presenta il libro che sta sfogliando, che è il suo nuovo Il cielo più vicino, dedicato alla montagna nell'arte e pubblicato da La Nave di Teseo. Quando parla di Giotto, «primo autore moderno», Sgarbi è fascinoso e irresistibile, la sua analisi del rapporto di Van Gogh con la montagna è superlativo nel delineare «la spiritualità così compiuta». In Cinque minuti c'è stato lo Sgarbi in purezza, rallentato dalla sofferenza ma lucido nel dipingere concetti così comprensibili ma, allo stesso tempo, così capaci di scendere nel profondo fino a illuminare aspetti finora coperti dal buio dell'ignoranza. Già il titolo stesso del libro è uno sguardo oltre, l'apertura di un panorama che, diciamolo, non è praticamente mai stato fotografato con un angolo così ampio. La montagna. La vetta. I crepacci dello spirito. Le valli nelle quali si accomoda l'ispirazione.
Nel libro c'è, come dice lui, «la storia dell'arte e la natura, il rapporto con i grandi maestri, il rapporto con la realtà fisica, il rapporto con la grandezza interiore e l'altezza esteriore». Interiore ed esteriore. Sgarbi usa questi due confini, la psiche e il corpo, anche per definire il proprio stato, dopo tante polemiche e illazioni sulla sua prolungata, inusuale assenza dalla scena pubblica. A inizio puntata, Vespa gli chiede come sta dopo il ricovero di inizio anno al Policlinico Gemelli di Roma e Sgarbi risponde che sta bene, che «è stato un lungo percorso per vedere cose interiori ed esteriori e ne sono uscito con questo libro che racconta l'esperienza di quello che si vede». Mentre parla in così poco tempo, emerge lo Sgarbi più vero, quello spogliato da ogni artificio spettacolare o polemico. Interiore ed esteriore. Dopo aver affrontato il nuovo libro che arriva sugli scaffali, lo Sgarbone (cit. Dagospia) ha risposto all'inevitabile domanda sulla polemica del momento, quella legata a sua figlia Evelina, convinta che il padre stia male e che abbia bisogno di un amministratore di sostegno. Lo Sgarbi di un tempo forse sarebbe esploso in una risposta torrenziale, magari graffiante, magari addirittura ultimativa. Oppure avrebbe attaccato l'interlocutore. Ieri sera, ha riassunto, gli occhi fissi sul tavolo, che la richiesta della figlia «mi è sembrata una richiesta che nasceva dal desiderio di ottenere un'attenzione che non aveva ottenuto prima, quindi di trovare un padre, quello che si era atteso e non si era trovato». E poi: «L'idea che io avessi dei problemi interiori, dei turbamenti e delle difficoltà o dei disagi è una forma di risposta, un modo con cui ha cercato di mettersi in evidenza e di far vedere quello che chiedeva e voleva. Conclusione: «Capisco quello che ha fatto ma lo trovo fuori misura e fuori logica». L'analisi amara, disperatamente sincera di un padre che forse fa i conti con l'esserlo stato troppo poco.
La risposta di Evelina arriva poco dopo: «Lo hanno trascinato nello studio Rai e sembrava un vecchio di 90 anni. Tutto questo mi provoca grandissimo dolore e mi fa sentire impotente. Ho avuto la conferma che mio padre è plagiato dal cerchio tragico».