Volevo parlare degli uccelli del Fatto; intendo gli uccelli di Padellaro e di Travaglio. La materia non può interessare il presidente del Consiglio. Infatti nemmeno con un intervento miracoloso quegli uccelli potranno riprendere il volo. Goffi come l’albatro di Baudelaire si muovono nel fango e non riescono ad uscirne.
Sono ben distribuiti ma non conoscono il piacere. Sono uccelli che fanno poco e male da lì deriva la loro inclinazione maligna. Era così la natura di Federico Zeri che avendo rinunciato ad ogni forma di piacere si compiaceva di parlare male di tutti. Era il suo sfogo. Dalla stessa condizione di mortificazione dipende la natura del Fatto. La prolungata astinenza di Padellaro e Travaglio li porta a liberarsi in battute di spirito e maldicenze. Il mondo per loro è popolato di mostri. Umberto Eco un giorno parlando del libro di Moravia Io e Lui, dove «lui» è l’uccello del protagonista, disse con un formidabile paradosso: «A un certo punto “lui” gli ha preso la mano».
Ecco, così accade a Padellaro e Travaglio, nelle mani del loro uccello.
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