Uccide figlia disabile Assolta tra gli applausi

Tre anni fa, in Francia, il gesto disperato: affoga la ragazza gravemente handicappata. Nell'aula il sostegno alla donna

Uccide figlia disabile 
Assolta tra gli applausi

Lydie Debaine è stata assolta. Il popolo che affollava l’aula di giustizia si è messo ad applaudire. I giurati hanno aggiunto la loro gioia. Lydie Debaine nei suoi capelli biancastri, nei suoi sessantasei anni, nella sua solitudine disperata, ha cercato gli occhi di suo marito Fernand. Era solo, disperato e felice assieme. Tre anni fa, era la mattina di un sabato, il quattordici di maggio del Duemila e cinque Lydie aveva appeso alla porta di ingresso un foglietto di carta scritto a mano: «Scusami, Fernand, se ti lascio. Abbi coraggio, adesso, almeno tu. Anne Marie non se ne è nemmeno accorta, ti amo, Lydie». Aveva ingoiato mezzo tubetto di barbiturici e giaceva sul pavimento della cucina. Nella vasca da bagno Anne Marie aveva gli occhi chiusi. Finalmente dormiva, per sempre. Lydie, sua madre, l’aveva prima intorpidita con l’altra metà del tubetto di sonniferi e quindi, drammaticamente, l’aveva adagiata nell’acqua, affogandola. Era l’ultimo fotogramma di una storia lunga vent’anni. Anne Marie era nata nel paese di Groslay, quindici chilometri a nord di Parigi, ma non fu festa in casa Debaine. Il parto prematuro era stato accompagnato dall’angoscia: Anne Marie era venuta alla luce con un gravissimo handicap cerebrale. Vennero giorni, mesi, anni impossibili per Lydie, per Fernand, per quella bambina senza luce, sofferente di crisi epilettiche, di conati di vomito, di cefalee terribili, di notti senza sonno, di sguardi senza speranza. Le cure non riuscivano a uscire dal buio, Anne Marie venne ricoverata più volte in centri specializzati, aveva sei anni, il tempo in cui incomincia l’avventura della scuola, quando al posto dei quaderni e delle matite da disegno, si ritrovò nel lettino di una casa di cura per malattie mentali. Continuò fino all’età maggiore, Lydie e Fernand se la riportarono a casa quando Anne Marie era cresciuta negli anni, ormai ventidue, ma era rimasta una bimba nel dire, nel fare. Era invalida al novanta per cento. Una sentenza senza appello, fine pena mai.

Sua madre le dormiva a fianco, rannicchiata su un materassino di gommapiuma, ne seguiva il respiro, il rantolo, i rarissimi movimenti. Non c’erano medici, farmaci, religiosi. Erano scomparsi, si erano arresi. C’erano preghiere, mentre la gente di Groslay cercava nello sguardo di Fernand una risposta che non arrivava. Mai. Fino a quel sabato di maggio. L’arrivo dell’ambulanza, poi quello della polizia. Lydie Demaine era stata salvata dal rientro anticipato in casa di Fernand. Anne Marie aveva finito la sua vita. Restava quel biglietto stropicciato, l’addio di una moglie, di una madre. Eutanasia, parola già difficile da scrivere, poi drammatica da leggere, infine angosciante da accettare. In Francia se ne parla, se ne discute, come in Italia. Per esempio Chantal Subire, di cinquantadue anni, aveva chiesto di morire, una, due, cento volte, non c’erano speranze di guarigione per la malattia che la molestava e opprimeva da anni. L’hanno trovata morta, nella sua casa, il diciannove marzo. Nessuno sa come, nessuno vuole sapere quando. Chantal ha realizzato il suo desiderio. Lydie non desiderava la morte di Anne Marie. Lydie desiderava la vita di Anne Marie. La vita, l’esistenza normale, le corse nei parchi, la gioia e il dolore assieme. Invece è stato il nulla. E tutto assieme. Sola, soli, disperati, lei, il marito, la figlia. Il resto assente, latitante, incapace, insensibile. Chi siamo noi per giudicare? La legge decide, la fede suggerisce ma poi i dolori si sommano ai sentimenti, l’amore alla maledizione, arriva il momento, l’attimo, una saetta improvvisa. Il pubblico ministero aveva chiesto tre anni di carcere con la condizionale. Lydie, con i suoi capelli di bianco argentato, ravviati, tenendo le mani unite come in preghiera, ha ascoltato il verdetto.

L’applauso, il primo della sua vita di lacrime e silenzi, ha accompagnato la voce del presidente del tribunale che leggeva la sentenza di assoluzione. La procura della repubblica di Pontoise non presenterà ricorso, sarà la corte di Versailles a dire l’ultima parola. Fernand ha abbracciato Lydie, Anne Marie non se ne è nemmeno accorta.

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