Roma

Uccise condomino per i rumori Il pg chiede 14 anni di carcere

L’accusa ha sollecitato per l’ex falegname il riconoscimento del vizio parziale di mente. L’imputato: «Sono pentito per quanto è successo»

Era parzialmente incapace di intendere e di volere l’ex falegname Giuseppe Raso, 72 anni, quando all’alba del 27 dicembre del 2001 uccise con due colpi di pistola il condomino Vittorio Alemanno, che abitava sopra di lui al sesto piano di un palazzo di piazza Verbano, ponendo fine a un travagliato rapporto fatto di continue liti. Nel quarto processo per la morte del funzionario di banca in pensione, che aveva 63 anni, il sostituto procuratore generale Antonio Marini ha chiesto ieri alla Corte d’assise d’appello di condannare l’imputato a 14 anni per omicidio, con il riconoscimento del vizio parziale di mente. Il nuovo processo è stato voluto dalla Cassazione che ha annullato con rinvio la sentenza con la quale il 3 febbraio 2004 i giudici d’appello avevano inflitto 16 anni e 8 mesi a Raso cui non avevano riconosciuto il vizio parziale di mente, contrariamente a quanto aveva fatto nell’aprile del 2003 il gup Zaira Secchi che aveva condannato l’imputato a 15 anni e 4 mesi più tre anni di ricovero ospedaliero presso un centro psichiatrico giudiziario. Secondo l’originaria ipotesi di accusa, Raso, ossessionato dal rumore di un’autoclave (inesistente) che continuava ad attribuire ad Alemanno e, più in generale, convinto di essere sottoposto ad una vera e propria persecuzione da parte degli abitanti del suo stabile, il 27 dicembre 2001, alle 4 del mattino, scese «negli scantinati per interrompere dal pulsante del contatore l’erogazione dell’energia elettrica» della famiglia «nemica» e, dopo aver incrociato per le scale Alemanno che scendeva proprio per accertarsi del blackout, fece fuoco con una 38 special colpendolo al mento e alla testa. Non contento, l’imputato avrebbe minacciato la moglie della vittima, puntandole l’arma alla tempia e impedendole di prestare soccorso all’uomo. Quasi a voler avallare l’impostazione accusatoria, lo stesso imputato, prima che la Corte aggiornasse il processo a giugno, ha chiesto di prendere la parola.

Quasi in lacrime, provocando così l’indignazione di alcuni familiari della vittima convinti che l’ex falegname stia recitando la parte del pazzo, Raso ha detto di essere «profondamente pentito e addolorato per quanto è successo».

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