Non è valsa, dunque, la difesa di Zabatino, operaio di origini siciliane residente a Trezzo dAdda, che in una lettera lasciata a casa dei genitori della vittima si diceva «disperato» e «incapace di accettare la separazione da Leonora», e in cui chiedeva «scusa per quel gesto». Quel gesto - ha sostenuto limputato in aula - «doveva essere il mio suicidio». Luomo, infatti, si è sempre difeso sostenendo di essere andato nellufficio di via Guido Rossa, dove la ragazza lavorava, per uccidersi davanti ai suoi occhi. E proprio Leonora, nel tentativo di impedire allex fidanzato di uccidersi, sarebbe rimasta vittima dellaccoltellamento. Una tesi, questa, che non ha convinto il giudice. Quella lettera - sostiene laccusa - testimoniava al contrario lintenzione di Zabatino di «vendicarsi» della separazione avvenuta un anno prima. E anche la dinamica dellepisodio lascia pochi dubbi. Il 20 luglio dello scorso anno, infatti, Zabatino raggiunge Leonora Brambilla nella sede dellApa-Confartigianato di Trezzo dAdda, dove la ragazza lavora come impiegata . Sono le 8.30 del mattino. Con sé ha un coltello. Le chiede di rimettersi con lui, la ragazza rifiuta. Si accende una lite, lennesima. La lite diventa aggressione.
Spaventata, Leonora fugge in strada chiedendo aiuto, ma luomo la raggiunge. E la colpisce ripetutamente con la lama. Dieci fendenti, di cui tre mortali. Poi, davanti al cadavere riverso a terra, si accoltella alladdome.\
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.