Massacrato di botte, ucciso e bruciato per un panino e un sorso di vino. Gli agenti della squadra mobile, comandata da Alberto Intini, hanno arrestato tre cittadini romeni che il 26 gennaio scorso hanno trucidato e dato alle fiamme Josefsz Sudi, il clochard ungherese di 44 anni ritrovato senza vita allinterno del parco di Villa Carpegna.
Le manette sono scattate nei confronti di due fratelli, Adrian e Daniel Costantinescu, di 24 e 23 anni, e di Romeo Gafun di 28 anni. Nel corso delle indagini, coordinate dal pubblico ministero Francesco Caporale, gli investigatori della sezione omicidi, diretta da Eugenio Ferraro, hanno evidenziato che i tre abitualmente taglieggiavano immigrati e barboni costretti a vivere di espedienti, proprio come la vittima. Il clochard da qualche tempo si era stabilito allinterno di una grotta ricavata nel «ninfeo» di unantica dimora patrizia di Villa Carpegna. Era andato lì per primo, ma successivamente era stato costretto a dividere l«alloggio» proprio con i suoi aguzzini. Ogni giorno, infatti, lo minacciavano per avere un po di vino, qualche sigaretta o un panino. Un atteggiamento violento che si è protratto fino a quando il poveretto, stanco delle angherie, si è ribellato.
Il giorno dellomicidio, secondo la ricostruzione dei poliziotti, il clochard si sarebbe rifiutato di consegnare i suoi beni. Un errore che gli è costato caro. I romeni, infatti, lo hanno preso a calci e pugni, ferendolo poi mortalmente con un oggetto contundente, probabilmente un bastone. Il cadavere, successivamente, è stato trasportato, utilizzando una coperta, dietro un cespuglio poco distante, dove è stato dato alle fiamme per non permetterne lidentificazione.
Il corpo semicarbonizzato è stato trovato il giorno seguente da un passante, che con il cane stava passeggiando dentro Villa Carpegna. Inizialmente la vittima non è stata identificata perché non aveva documenti. Solo in un secondo momento, grazie ad un tesserino della mensa Caritas e alle impronte digitali, è stato possibile dare un nome a quel corpo. Gli investigatori hanno così iniziato le ricerche dai luoghi di incontro degli emarginati della zona. Hanno scoperto che lungherese viveva di espedienti, chiedendo lelemosina in strada o lavorando come lavavetri agli angoli dei semafori, per riuscire a guadagnare qualcosa per sopravvivere. Sono state raccolte diverse testimonianze che hanno permesso la ricostruzione, nei minimi dettagli, dello scenario in cui sarebbe maturato lomicidio. «In questi mesi - ha raccontato Ferraro - abbiamo cercato di capire la storia di strada degli altri clochard, che vivevano insieme alla vittima. Siamo riusciti a conquistarci la loro fiducia, vivendo con loro e offrendo loro da mangiare. Così ci hanno aiutato a ricostruire la dinamica dei fatti e ad arrivare ai criminali».
I responsabili del massacro sono stati bloccati in tre giornate diverse sempre nella zona nord della capitale.
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