Roma

Ucciso fuori dalla discoteca, condanne confermate

Sono definitive le condanne per l’omicidio di Nello Caprantini, ucciso a 20 anni all’uscita di una discoteca alle porte di Roma per aver difeso sua sorella da un apprezzamento ritenuto volgare. Era il febbraio del 2003. La Cassazione ha confermato la sentenza emessa dalla Corte d’assise d’appello il 23 febbraio dello scorso anno, con la quale i quali i giudici inflissero ai due imputati pene ben più pesanti di quelle emesse in primo grado: 23 anni a Giovanni D’Ursi, che premette il grilletto, e 22 anni e mezzo a Carlo Sparapano, suo complice. Nel primo processo i due se l’erano cavata con 18 e 11 anni di reclusione. Entrambi furono accusati anche di lesioni volontarie ai danni del fratello della vittima e di reati in materia di armi.
La prima sezione penale ha rigettato i ricorsi degli imputati, i quali chiedevano il riconoscimento dell’attenuante di aver agito in seguito ad una provocazione. Respinta anche la richiesta dei familiari della vittima, che si sono costituiti parti civili, di applicare a D’Ursi e Sparapano l’aggravante della premeditazione. La decisione dei giudici d’appello, secondo la Cassazione, è stata ineccepibile, «adeguata» la sua motivazione in relazione all’aggravante dei futili motivi. «La Corte - si legge nella sentenza - ha con chiarezza messo in luce che il requisito di legge, rappresentato dal fatto ingiusto altrui, manca allorquando, come nel caso di specie, la lite, quantificabile come fatto ingiusto, abbia visto coinvolti più soggetti tra i quali gli stessi imputati». «Anche l’ipotetico approccio sgradevole del quale sarebbe stata oggetto una delle ragazze della parte avversa - ricordano gli “ermellini” - è stato esaminato per concludere che manca ogni prova del suo effettivo verificarsi e che non è esatto che i due imputati si sarebbero allontanati per sfuggire all’aggressione, laddove il loro comportamento appare, al contrario, come un’iniziativa intesa ad elevare il livello dello scontro». Quanto alla correità di Sparapano, la sentenza impugnata «dimostra come l’arma del delitto sia stata prelevata di comune accordo a proprio al fine di farne uso contro gli avversari».
La vicenda ebbe inizio davanti alla discoteca Terra Caliente, a Spinaceto, con una lite causata dal fatto che alcuni giovani avevano importunato pesantemente la sorella della vittima, una ragazza sposata con un bimbo piccolo, che era in compagnia dei due fratelli e di alcuni amici. In seguito all’intervento dei carabinieri le due comitive venute alle mani si allontanarono. Ma la questione non era affatto chiusa.

Il gruppo di Caprantini fu inseguito fino alla Magliana, dove avvenne la sparatoria, nella quale rimase ferito anche Patrizio, il fratello della vittima.

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