L'Aquila - Due condanne a 8 anni di carecere. Questa la sentenza del tribunale per i minorenni dell’Aquila per i due ragazzi di etnia rom accusati di omicidio preterintenzionale per la morte di Antonio De Meo, studente universitario di 23 anni di Castel di Lama, ucciso a pugni la notte del 10 agosto 2009 a Villa Rosa di Martinsicuro (Teramo) dopo una lite nata per futili motivi. I due ragazzi sono stati giudicati con il rito abbreviato.
Un terzo rom non imputabile De Meo quella notte fu colpito da tre ragazzi, senza che lui, come riferito da alcuni testimoni, avesse la possibilità di reagire. Morì per una vasta emorragia cerebrale e per fratture alle ossa del volto causate dai pugni.Il terzo rom coinvolto non è imputabile in quanto minore di 14 anni. Davanti al giudice sono comparsi invece E.G., 15 anni, di Alba Adriatica, e M.S., 17 anni, di Falconara. I familiari dello studente universitario, che a Villa Rosa stava lavorando in un albergo, erano presenti al processo, ma non potranno costituirsi parte civile perchè così prevede la legge in caso di processi a carico di minorenni.
Le condanne Il tribunale per i minorenni ha condannato il 15enne E.G. alla pena di 8 anni, un mese e 15 giorni di carcere, e il 17enne M.S. a quella di 8 anni e un mese con l’accusa di omicidio preterintenzionale aggravato dai futili motivi, ricettazione e incendio. Il pm, al termine della requisitoria, aveva chiesto la pena di 8 anni. All’inizio dell’udienza i due imputati sono stati interrogati dal pubblico ministero. Successivamente i difensori hanno chiesto la messa alla prova che, come sottolineato dall’avvocato della famiglia De Meo, Mauro Gionni, avrebbe permesso ai giovani di evitare il carcere. L’istanza è stata rigettata e alla fine, il tribunale, dopo aver concesso il rito abbreviato, ha condannato i due giovani. I due minorenni condannati rimarranno per il momento in un istituto della provincia di Roma, dove sono attualmente in custodia cautelare. Durante l’udienza sarebbero stati confermati i fatti emersi dalle indagini secondo cui, dopo aver colpito una prima volta la vittima, i due ragazzi si sarebbero allontanati, ma sarebbero poi tornati indietro per colpire di nuovo il malcapitato, che poi è morto.
No alla messa in prova La famiglia De Meo si è opposta con forza alla possibilità che ai due imputati possa essere concessa la messa in prova, che verrà invece chiesta dai loro legali. Con questo provvedimento il processo viene sospeso e il minore viene affidato ai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia che, anche in collaborazione con i servizi socio-assistenziali degli enti locali, svolgono nei suoi confronti attività di osservazione, sostegno e controllo. L’obiettivo è il recupero del minorenne che ha infranto la legge.
La messa in prova può durare fino a 3 anni. In caso di esito positivo della prova, il giudice dichiara estinto il reato e il minore imputato viene prosciolto; l’esito negativo comporta invece la prosecuzione del procedimento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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