Ultimo smacco per la Boccassini Ruby non chiede i danni a Silvio

Via al processo, la marocchina non sarà parte civile. Il legale: "A rovinare la mia assistita è la devastante campagna mediatica". Sarà un procedimento zoppo: nessuna delle presunte vittime si dichiara tale

Ultimo smacco per la Boccassini  
Ruby non chiede i danni a Silvio

Luca Fazzo - Enrico Lagattolla

Milano - A rigor di logica, non c’era nessun motivo perché una ragazza che sostiene, ripetendolo in tutte le occasioni e in tute le salse, di non essere una prostituta e men che meno di avere esercitato tale mestiere con Silvio Berlusconi si costituisse parte civile contro il medesimo Berlusconi, chiedendogli di risarcire danni che nega di avere mai subìto. Eppure ancora ieri mattina, mentre l’aula maggiore del tribunale milanese si riempiva di reporter di mezzo mondo, c’era ancora chi dava per probabile e addirittura per certo che questo sarebbe accaduto di lì a poco: ovvero che Karima el Mahroug alias «Ruby Rubacuori» sarebbe scesa in campo contro il presidente del Consiglio, imputato di concussione e utilizzo della prostituzione minorile, schierandosi accanto ai pm nel sostenere le accuse a carico del Cavaliere. Per la Procura, processualmente e mediaticamente, sarebbe stato un eurogol. Il processo per il «Rubygate», con tutta l’aura di scontro finale che si porta appresso, da quel momento sarebbe stato in discesa.
Peccato che - dopo i nove-minuti-nove che dura l’udienza, aperta e subito rinviata al 31 maggio - i giornalisti si affollino intorno a Paola Boccardi, il giovane legale che assiste Ruby. E la bionda avvocatessa dice senza tanti giri di parole: «La mia assistita non ha mai avuto rapporti sessuali con il presidente Berlusconi, e non ha ricevuto alcun danno dalle sue visite nella residenza privata del presidente. La mia assistita ha invece ricevuto danni devastanti dalla campagna mediatica che le è stata scatenata addosso, e di cui non è certo questa la sede per chiedere il risarcimento. Quindi oggi non ci costituiremo parte civile». Né oggi né in futuro? «Né oggi né in futuro».
Il colpo è forte. Al punto che l’annuncio della legale di Ruby fa passare in secondo piano la circostanza che esattamente la stessa scelta stanno compiendo anche le altre presunte vittime di questa vicenda: ovvero i tre funzionari della questura di Milano che Berlusconi - secondo la Procura - avrebbe costretto, abusando del suo potere, a rilasciare la ragazza marocchina nella notte del 27 maggio scorso. Dei tre funzionari - Giorgia Iafrate, Pietro Ostuni e Ivo Morelli - quando il giudice Giulia Turri fa l’appello si fa avanti solo l’avvocato della Iafrate: che però, fa sapere, nemmeno lei ha alcuna intenzione di costituirsi in giudizio. Gli altri due poliziotti non hanno neanche mandato un avvocato. E nemmeno il ministero dell’Interno, anch’esso indicato dalla Procura come vittima istituzionale della concussione di Berlusconi, risponde all’appello.
Quello che ripartirà - e stavolta forse davvero - il prossimo 31 maggio sarà quindi un inconsueto processo zoppo, in cui nessuna delle vittime si dichiara tale. Ma per la linea della Procura poco cambia. Nella ricostruzione dei pm, in questo processo le vittime non sono attendibili: i poliziotti perché condizionati dalle gerarchie, e Ruby perché teleguidata dal premier. Più delle scelte processuali, per capire la verità dei fatti, secondo la Procura devono contare i risultati delle indagini, le intercettazioni, i verbali. Che secondo Bruti Liberati e i suoi pm dimostrano, aldilà di ogni dubbio, che vi furono tanto la concussione che i rapporti prezzolati tra Berlusconi e Karima.
Prossima udienza il 31 maggio, unica tessera libera nel puzzle di impegni istituzionali e udienze che il tribunale e i legali del premier stanno cercando di comporre per mandare avanti il processo.

Ieri Berlusconi era impegnato a Palazzo Chigi a ricomporre un altro puzzle, quello dell’emergenza immigrazione, ma non ha chiesto il rinvio dell’udienza milanese. Quando si entrerà nel vivo del processo, ai suoi collaboratori il premier ha però ribadito: «In aula ci sarò».

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