Gli ultrà comandano Devono entrare nei Cda

PARADOSSO Una volta i tifosi erano patrimonio delle società, adesso le società sono patrimonio dei tifosi

di Cristiano Gatti

Una volta si tirava solo in porta. Più recentemente si tira troppa cocaina. Sono i due estremi, tra passato romantico e modernismo equivoco. In mezzo ai due estremi, si tira comunque a campare. Il nostro calcio se la suona e se la canta con i soliti progetti per uscire dalla crisi, ma gratta gratta siamo sempre fermi ai progetti edilizi. Stadi nuovi, servono stadi nuovi: pare che il problema sia tutto racchiuso lì, negli impianti scomodi e obsoleti di proprietà comunale. Da quello che raccontano i presidenti, basta dare il via libera alle nuove costruzioni per rimettere le cose a posto. Fatto lo stadio nuovo, di proprietà, il calcio italiano torna forte e glorioso.
Può pure darsi che la stadio nuovo richiami davvero garrule famigliole e dame di San Vincenzo. Nessuno però spiega come dagli stadi nuovi resteranno fuori i poteri forti degli ultrà. Si sorvola, su questo problema. Che però è e resta il vero problema. Quando l’ha detto Fabio Capello, in un convegno a Parma di qualche tempo fa, molti pensatori si sono limitati a dire che il ct inglese non perde occasione per dimostrarsi sgradevole e brutale. Difatti, basta guardarsi in giro per capire quanto gretto e malevolo sia quest’uomo. Nel giro di pochi giorni, il nostro calcio ha fatto di tutto per svergognarlo. Gli ultrà dell’Atalanta scrivono una lettera pubblica per intimare ai giovani presidenti Ruggeri di vendere il pacchetto di maggioranza. Gli ultrà della Juve chiamano a rapporto Bettega e Del Piero intimando loro di mettere subito in quarantena, meglio dentro un forno a microonde, gli odiosi Zebina, Melo e Cannavaro. Da parte sua, la Juve del nuovo corso reagisce subito nel modo più fermo, perché sia chiaro che non c’è il minimo spazio per imposizioni e minacce: con gesto inequivocabile, richiama pubblicamente i tre giocatori a non mancare più di rispetto verso gli ultrà.
Sono solo gli ultimissimi episodi, ma tutti sappiamo che la lista è lunghissima. Meglio: sappiamo che non sono episodi. Sono i nuovi equilibri istituzionali del calcio italiano. Gli ultrà dettano la linea. Gli ultrà lanciano messaggi, stilano pubblici proclami, impongono scelte di panchina e di formazione. Vogliamo ricordare, come esempio riassuntivo ed esaustivo, la bella vita che Lotito e la sua famiglia conducono ormai da mesi, da anni, grazie al simpatico tifo del caloroso pubblico laziale?
A questo punto, io mi schiero: è il momento di rendere meno farraginoso il meccanismo di funzionamento. Visto che le società sono di fatto controllate dagli ultrà, visto che gli azionisti veri sono nettamente meno influenti degli esterni, vediamo dunque di aprire i consigli di amministrazione ai Wild Kaos e ai Drughi, ai Delirium e ai Forsennati. Si sa che le azioni non si contano, ma si pesano: queste piccole rappresentanze non hanno in mano alcuna azione, o ne detengono pochissime, per puro atto simbolico, ma ormai detengono il cento per cento della gestione. Quando serve, sono subito pronte a far pesare le loro particolarissime azioni, che non danno diritto di voto in assemblea, ma sono altamente dimostrative al di fuori. Il vero potere è lì. Non si sposta una Bic senza che loro prima abbiano approvato. Se Del Neri decide di lasciar fuori Cassano, per motivi suoi, deve comunque prepararsi a risponderne: se la curva disapprova, la società disapprova. La posizione ufficiale della Samp è quella degli ultrà. Del Neri impari a capire chi comanda. Veda di fare subito la pace con Cassano, altrimenti si prepari a fare le valigie. E caso mai qualche mister non capisse bene la linea, ci si vede al campo per quattro chiacchiere contro la rete, prima di salire in macchina: lì, ormai, si decidono i giochi, non sui tavoli del Cda.
Cambiare sistema? Mi sembra ormai veramente troppo tardi. Complicato tornare indietro. Si fa prima a regolarizzare la situazione, rendendola più agile ed esplicita.

Chi comanda deve sedere nel consiglio di amministrazione, non ci piove, altrimenti ogni decisione diventa complicata e macchinosa. Gli ultrà hanno vinto, bisogna cooptarli. Solo così il nostro calcio dimostra di interpretare il cambiamento: una volta i tifosi erano patrimonio delle società, adesso le società sono patrimonio dei tifosi.

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