Ungheria, ultimatum dell’opposizione al premier: dimettiti

«Tutti in piazza se non lascia entro 72 ore». Ma il socialista Gyurcsany chiederà la fiducia

Roberto Fabbri

Il premier socialista ungherese Ferenc Gyurcsany ha perso, anzi straperso il «referendum» delle elezioni amministrative e puntuale il suo avversario e nemico giurato, il leader del partito conservatore «Fidesz» Viktor Orban, lo ha richiamato a gran voce alle dimissioni, forte anche della pubblica censura che il capo del governo ha appena ricevuto dal presidente della Repubblica Laszlo Sòlyom. Orban ha fissato per la maggioranza di centrosinistra una sorta di ultimatum di 72 ore, al termine del quale, se Gyurcsany non si sarà dimesso, verrà dato il via da venerdì a una serie di grandi manifestazioni antigovernative, «fino a quando non se ne saranno andati».
Gyurcsany, però, non intende piegarsi. Anche se la sconfitta elettorale è stata durissima, tale da dar ragione all’opposizione che parla giubilando di «chiara bocciatura del governo della menzogna parte degli ungheresi». Prima del voto la sinistra controllava 16 contee su 19, ora il centrodestra ne ha 17, con le due rimanenti non attribuite perché in equilibrio; su 23 città in cui si è votato, 19 sono state aggiudicate all’opposizione, con la rilevante eccezione della capitale Budapest che la sinistra conserva per un pugno di voti. Numeri impietosi, ma il premier, pur «sentendo e comprendendo la critica manifestata dagli elettori», non ha la minima intenzione di farsi da parte. Al contrario, ha deciso di giocarsi la partita fino in fondo, rilanciando. Ha chiesto quindi che il Parlamento si riunisca in sessione straordinaria proprio venerdì prossimo per votare la fiducia al suo esecutivo.
È anche una risposta al capo dello Stato, che aveva chiesto al Parlamento di rivalutare, alla luce dello scandalo morale che scuote l’Ungheria, il proprio appoggio al premier. Gyurcsany non è uno sprovveduto e appare quindi più che probabile che abbia ben sondato le intenzioni dei deputati della coalizione che lo sostiene, la quale non gode di una maggioranza ampia in Parlamento. E che abbia insomma scommesso sul voto di fiducia perché sicuro di vincere.
Gyurcsany sa di avere dalla sua parte altri importanti sostenitori. La Commissione europea va ripetendo che il piano di riforme e risanamento dei conti pubblici ungheresi lanciato dal governo socialista deve andare avanti: il deficit pubblico dell’Ungheria è al 10,1% del prodotto interno lordo ed entro il 2009 dovrà scendere al 3,2%.

Gyurcsany promette che lo farà e attribuisce la sconfitta del suo partito nelle amministrative di domenica alla poca voglia dei suoi connazionali di subire misure di austerity. Ma finge di dimenticare che gli ungheresi sono allergici anche alle bugie.

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