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La salute e le prospettive di un’economia si vedono dal suo mercato edilizio. E non è un caso che la recente recessione mondiale sia iniziata con un fenomeno avvenuto nel mercato immobiliare - la crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti, che ha causato effetti nefasti a catena anche in altri settori a livello globale - e che i primi segnali di ripresa si accompagnino con il rilancio delle attività di costruzioni. «Il settore dell’edilizia - concorda Paolo Sbriglio, co-fondatore e amministratore delegato delle aziende Calcementi Spa e Spaberg Spa - è come un ago della bilancia. L’importanza che riveste per la macroeconomia e le politiche economiche globali è evidente».
Da sempre le attività edili rivestono un ruolo importante nello sviluppo di un Paese.
«In Italia il settore incide intorno al 7,5% sul prodotto interno lordo, ma comprendendo l’indotto si può stimare che si arrivi a circa il 15%. I cespiti immobiliari costituiscono circa il 60% della ricchezza totale delle famiglie italiane. Considerato questo peso, siamo quasi tutti d’accordo sull’importanza che avranno i lavori previsti in preparazione dell’Expo 2015. Consolideranno il ruolo trainante della Lombardia e del comparto specifico per il nostro Paese».
In quasi tutti gli ambiti, le crisi sono spesso un’occasione di ripensamento delle logiche aziendali e di selezione degli attori in gioco.
«Soprattutto dal 2003 al 2007 il settore, nel pieno del suo boom, ha attirato investitori dai settori più disparati. Oggi il mercato sta tornando nelle mani di investitori specializzati. I nuovi green building in elevata classe di efficienza energetica stanno riattivando il mercato immobiliare, rappresentando una buona evoluzione delle costruzioni in proiezione futura. Dal 2007 al 2010 c’è stata un importante flessione nel settore (-30% circa degli investimenti sulle nuove costruzioni), e sono certo che ci si debba abituare al mercato di oggi, più conforme al vero fabbisogno di nuove costruzioni e meno suscettibile a speculazioni. Detto questo, dal punto di vista dei volumi auspico che non ci siano elevate oscillazioni, positive o negative che siano».
Il rilancio del mercato delle costruzioni e del suo indotto, stanti la situazione economica poco favorevole, ma anche l’aumento delle normative a tutela della salute e dell’ambiente che pongono ulteriori sfide di carattere tecnologico ed etico, non può prescindere da un miglioramento qualitativo di tutti i protagonisti del settore. Come valuta l’ad di Calcementi, azienda fornitrice di calcestruzzi preconfezionati, e di Spaberg, distributore di materiali edili e finiture, il livello di «industrializzazione» di questi comparti?
«Oggi le aziende che producono utili sono sufficientemente industrializzate. Chi si è sapientemente adoperato per un controllo di gestione preventivo, operativo e a consuntivo oggi soddisfa i propri azionisti. Ho usato il termine sapientemente perché il settore richiede l’adozione di parametri specifici non paragonabili a quelli utilizzati in altri settori. Ed è per questo motivo che alcune grandi aziende che hanno reclutato manager di fama provenienti da altri settori, ma poco affini alle complessità di questo specifico, soffrono più di altre in questo periodo storico».
Il settore del calcestruzzo preconfezionato è sempre stato caratterizzato da altissima competitività anche a causa di sbarramenti finanziari di ingresso non molto elevati. «Considerando che la qualità del prodotto deve essere un requisito minimo, e non un punto di forza, le società produttrici di calcestruzzo hanno dovuto sviluppare considerevolmente le competenze commerciali dei propri funzionari integrandole con flessibilità mentale. Esiste chi preferisce acquistare un abito per un utilizzo banale, spendendo poco in un grande magazzino, e chi ritiene di spendere maggiormente, per celebrare una grande cerimonia, facendoselo creare su misura in un atelier. Occorre riuscire ad accontentare entrambe le esigenze, e per far ciò servono diverse competenze e grande flessibilità operativa e mentale».
Il mondo edile, in effetti, è molto variegato. Come si fa a essere costantemente pronti a soddisfare un mondo così eterogeneo e dinamico?
«Sapendo prevedere, possibilmente in anticipo rispetto alla concorrenza, gli sviluppi che avrà lo scenario delle costruzioni; essendo a conoscenza delle vicende dei protagonisti, dell’avvicendamento degli stessi, e cercando di prevedere i cicli economici nelle micro realtà territoriali».


Così le aziende guidate da Paolo Sbriglio si trovano oggi in una condizione ideale per rispondere alle necessità di un mercato come quello del capoluogo lombardo, anche se non solo. «Milano è chiaramente la piazza dove si concentra il maggior numero di grandi lavori in Italia. In questo contesto siamo di grande aiuto ad esempio alle prime cinque imprese di costruzione a livello nazionale».

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