Il fondo sovrano di Abu Dhabi, Aabar, è il primo azionista di Unicredit con il 6,501 per cento. Scavalcato il fondo americano Capital Research and Management che, dopo l’omologa nel registro delle imprese dell’aumento varato dall’ad federico Ghizzoni, è passata dal 5,4% pre-operazione al 2,7 per cento, livello comunque superiore a quanto in portafoglio fino a fine dicembre. È quanto emerge dalle comunicazioni alla Consob relative alle partecipazioni rilevanti.
In particolare, Aabar ha aumentato la propria quota esercitando una «zero strike call», un’opzione di tipo standard sui titoli Unicredit. Con una differenza: non prevede guadagni o perdite ma solo l’acquisto a scadenza. Particolarità di un’operazione complessa come il super-aumento di Unicredit che ha «costretto» gli investitori a esperire tutti i campi dello scibile finanziario. Il fondo arabo ha tuttavia assicurato che la loro interessenza si è già riportata al di sotto della soglia del 5 per cento. Diverso il percorso di Fondazione Crt che ha raggiunto l’obiettivo del 3,856% (dello 0,51% è prestatore), annunciato prima del maxiaumento da 7,5 miliardi anche attraverso la conversione parziale dei cashes. Quegli stessi strumenti che Mediobanca continua a detenere ma che ora valgono l’1,783%.
Non è solo una questione di numeri ma soprattutto di poltrone. Le consultazioni per il rinnovo del board sono già cominciate ed è probabile che il nuovo cda sia ristretto a una quindicina di posti, ma per la sua composizione molto dipenderà dall’interpretazione dell’interlocking contenuto nel «salva-Italia» che bloccherebbe coloro che siedono anche nel cda di Mediobanca.
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