Unicredit, aumento d’urto da 7,5 miliardi

Unicredit, aumento d’urto da 7,5 miliardi

L’amministratore delegato Federico Ghizzoni vuole trasformare Unicredit nella maggiore banca commerciale d’Europa. C’è anche un impegno alla «discontinuità» nel nuovo piano industriale che Unicredit sottoporrà nella prima mattina di oggi al consiglio di amministrazione, insieme a un aumento di capitale da 7,5 miliardi. Una cura d’urto sul fronte patrimoniale, cui sommare i 3 miliardi del prestito cashes, con cui la banca di Piazza Cordusio si allinea alle richieste delle Authority europee e si mette al sicuro rispetto ai crash test delle cosidette «banche di sistema» (Sifi): secondo le proiezioni il Core Tier si porterebbe oltre la soglia del 10%, raggiunta anche dai concorrenti di Intesa Sanpaolo. Il Credit Suisse entrerà (come joint book runner) nel consorzio di garanzia guidato dal tandem Mediobanca-Merrill Lynch.
Per spingere il recupero dei margini, il piano industriale poggerà invece su una marcata riduzione sia rischi che dei costi, anche sul fronte del personale: entro la fine del 2015 Unicredit prevede infatti di dimagrire solo in Italia di 7.500 addetti, inclusi i 4mila esuberi concordati con i sindacati nel 2010, con uscite concordate. Ghizzoni vuole poi mettere mano alla struttura, riorganizzando alcune attività non più strategiche, a partire dal polo dell’«equity research», che potrebbe essere ceduto o aprire a un socio esterno come il gruppo Kepler, sul modello di quanto è accaduto in Banca Leonardo. Un secondo cantiere dovrebbe invece occuparsi della controllata Unicredit leasing, così da liberare ulteriori risorse. Attesi poi ragguagli sulla società dei fondi Pioneer e sul perimetro delle controllate nel centro est Europa, così da focalizzarsi sugli Stati dove il gruppo è più forte. A conti fatti Unicredit potrebbe ricorrere a svalutazioni sugli avviamenti attorno 8-10 miliardi e a una stretta sui dividendi fino al 2012, per poi tornare negli anni successivi a un pay out nell’ordine del 40 per cento.
L’intero piano di rilancio è stato vagliato ieri prima dal «Comitato strategico», poi dal «Controllo Interno» così da spianare la strada ai lavori in cda, che oggi licenzierà anche i conti trimestrali: alle ore 16 Ghizzoni affronterà la comunità finanziaria, poi la conferenza stampa. Secondo un calendario di massima, l’aumento di capitale potrebbe scattare il 9 gennaio, dopo aver ricevuto a metà dicembre l’ok dell’assemblea dei soci. Vista la difficile situazione dei mercati, il consorzio di garanzia sarà comunque in allerta fino ad aprile.
La ricapitalizzazione ha un peso notevole, ma sia le grandi Fondazioni azioniste sia il fondo Aabar dovrebbero aderire, con un possibile «arrotondamento» da parte di CariTorino. Resta invece un’incognita la quota libica (7,5%).

Quanto al nodo del personale il country manager Italia Piccini, ha anticipato che non si tratta di «licenziamenti, ma uscite concordate». Il manager ha aggiunto che il «business commerciale in Italia nel terzo trimestre è in linea con il secondo».

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