Unicredit e Intesa: i Tremonti bond non servono

L’istituto di Piazza Cordusio vara un aumento di capitale da 4 miliardi in calendario da gennaio. Mentre Ca’ de Sass punta sulle cessioni per rafforzare i coefficienti patrimoniali. E dall’anno prossimo tornerà a distribuire il dividendo

di Giulio Piovaccari

Unicredit e Intesa Sanpaolo dicono no ai Tremonti bond. La rinuncia ufficiale è arrivata con i consigli delle due banche di ieri pomeriggio, chiamati a pronunciare la parola definitiva sul ricorso agli aiuti di Stato.
Unicredit vara contestualmente l’aumento di capitale da quattro miliardi di euro, cui l’ad Alessandro Profumo si affida per mettere al sicuro il patrimonio della banca. L’aumento, si spiega, sarà concluso entro il primo trimestre dell’anno prossimo. L’impatto sull’indice «Core tier 1», a fine giugno pari al 6,85%, sarà di circa 80 punti base. L’assemblea straordinaria dei soci, che dovrebbe essere convocata intorno a metà novembre, conferirà le necessarie facoltà al consiglio per definire le modalità e i termini dell’aumento, in particolare il prezzo. L’operazione comprende anche un futuro aumento da due miliardi per la controllata Bank Austria. Rinviate a oggi invece le comunicazioni sul piano di cessioni immobiliari della banca che, secondo fonti, dovrebbe aggirarsi su un controvalore di 1,1 miliardi.
Il consiglio di Unicredit ha approvato all’unanimità l’aumento: «Tutti d’accordo», avevano detto al termine dalla riunione i membri del board Salvatore Ligresti e Piero Gnudi. Segno che la banca si avvia verso la ricapitalizzazione in un clima di serenità tra vertice e azionisti. Già nei giorni scorsi la fondazione Crt si era detta pronta a valutare l’ipotesi di aumento di capitale. Ok anche da Giovanni Puglisi, numero uno della fondazione Banco di Sicilia. Si attende ora anche un esplicito cenno d’assenso dal primo azionista, la fondazione Cariverona, e per Alessandro Profumo la missione sarà compiuta.
Sul fronte Intesa, insieme al no ai Tremonti bond, arrivano strumenti ibridi per 1,5 miliardi, «alla luce di un andamento del gruppo e dello scenario economico migliore di quanto ci si potesse aspettare all’inizio dell’anno». Le obbligazioni andranno a impattare sul «Tier 1» (non sul «core»). Dunque uno strumento ponte in attesa della piena realizzazione del piano di «dismissioni, partnership e quotazioni»: con almeno 11 miliardi di euro di cartucce da sparare (compresa Fideuram) è questo il punto centrale della strategia di consolidamento patrimoniale di Corrado Passera. «L’intenzione è mantenere su livelli non inferiori al 7% il Core Tier 1 e all’8% il Tier 1 per i prossimi anni» fa sapere Intesa. E - cosa che farà piacere agli azionisti - già da questo esercizio prevede il ritorno al dividendo. Da registrate comunque, per Passera, un’astensione in Consiglio di gestione, quella del «milanese» Angelo Sala, e due in Consiglio di sorveglianza, i «torinesi» Pietro Garibaldi, docente d’economia, e Giuseppe Mazzarello, ex ad di Sanpaolo.
Costi elevati (cedola all’8,5%), indeducibilità fiscale, vincoli su dividendi e impieghi, rischio di condizionamenti politici. Per quanto improponibile solo qualche mese fa le due maggiori banche italiane hanno fatto di tutto per trovare un’alternativa ai Tremonti bond. E ci sono riuscite grazie al miglioramento delle condizioni di fondo del mercato dei capitali e al contestuale recupero dei titoli Borsa. I Tremonti bond hanno avuto senza dubbio il merito «psicologico» di rappresentare, al culmine della crisi, anche agli occhi del mercato, un’àncora di salvezza per le banche italiane. Ruolo riconosciuto ancora ieri da Unicredit e Intesa, che hanno rinnovato il loro «apprezzamento per l’iniziativa del governo», che ha «concretamente aiutato il sistema nel superare una fase di mercato molto difficile e rischiosa» e a creare «le condizioni necessarie per permettere di reperire nuove risorse dal mercato dei capitali». Ma oggi, obiettivamente le due big italiane del credito possono permettersi di farne a meno. Anche perché, come indicato ieri da Bnp Paribas, sembra già ripartito a livello europeo il processo di restituzione dei capitali pubblici immessi nel settore bancario.


In attesa dei comunicati Unicredit ha guadagnato ieri il 2,06%, a 2,72 euro. Terza seduta consecutiva di segno positivo per il titolo, con un rialzo complessivo di quasi l’8%. Piatta invece Intesa, ferma a quota 3,025 euro.

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