Niente aumenti di capitale per Intesa Sanpaolo e Unicredit. Per il presidente del consiglio di sorveglianza di Ca de Sass, Giovanni Bazoli, le due banche «non dovrebbero intervenire per essere in linea con le nuove richieste». Anzi, il Professore rincara la dose: «Se si riducesse il gap sul costo del piazzamento del nostro debito sovrano rispetto a quello tedesco, le nostre banche potrebbero passare di nuovo una fase di importante recupero». I mercati, tuttavia, la pensano in maniera differente e ieri hanno punito con le vendite sia Intesa (-8,15%) sia Unicredit che ha perso il 12,1% tornando sotto quota 1 euro a 0,92. Flessioni non ascrivibili interamente alle prese di beneficio sui consistenti rialzi delle ultime sedute.
Unicredit, infatti, è nel mirino della speculazione a causa dellincertezza sulle mosse future. Fino al cda del 14 novembre non si sa quale sarà lentità dellaumento, cifra sulla quale si esercitano gli analisti. Le stime variano generalmente nel range 6,5-8 miliardi, mentre Morgan Stanley ritiene che con 12,5 miliardi si porterebbe il Core Tier 1 al 9% come chiesto da Basilea 3. Sono previsioni che tengono conto, in primo luogo, del deterioramento degli attivi in portafoglio causa downgrade dellItalia e della probabile svalutazione degli avviamenti delle controllate estere. Si tratta comunque di un ammontare notevole che metterebbe a dura prova lazionariato: le Fondazioni sono poco propense ad aprire il portafoglio (dovrebbero impegnarsi per oltre 850 milioni), cè incertezza sul socio-Libia (7,1%) visto che la transizione post-Gheddafi è molto lunga. Infine non è stata totalmente esclusa la possibilità di cogliere loccasione per aprire il capitale a fondi sovrani asiatici (Cina e Singapore compresi). Diversa la situazione del gruppo guidato da Corrado Passera. Qualche mese fa ha chiuso un aumento da 5 miliardi che ne aveva portato il Core Tier 1 al 10,2% a fine giugno.
Unicredit e Intesa nel mirino Per Bazoli aumenti inutili
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