Economia

Unicredit, Fondazioni in trincea Nessun passo indietro dal cda

Fondazioni pronte a scendere in trincea per difendere le proprie posizioni nel cda di Unicredit dalla «grande avanzata» dei soci libici. La strategia sarebbe stata decisa ieri mattina nel gran consulto tra i vertici di CariVerona (cui fa capo il 5,009% di Unicredit), CariTorino (3,87%) e Carimonte (3,35%), finalizzato ad avviare i lavori per ridisegnare il board di Piazza Cordusio in vista dell’assemblea dei soci in agenda a maggio.
In sostanza le Fondazioni vorrebbero che, a fare posto alla Banca centrale libica (secondo socio di Unicredit con il 4,9%), fossero gli ambasciatori della controllata tedesca Hvb, guidati dal presidente Dieter Rampl. Un ragionamento probabilmente motivato anche dal fatto che gli Enti, a differenza del fronte Hvb, hanno aperto il portafogli per sostenere la cura d’urto da 6,6 miliardi decisa dall’amministratore delegato Alessandro Profumo in ottobre per risollevare il patrimonio della banca alle prese con pesanti svalutazioni.
Le Fondazioni intendono inoltre sforbiciare, sempre con qualche rinuncia da parte di Hvb, i board delle banche reti cui fanno capo gli sportelli italiani dell’istituto: Unicredit Banca, Unicredit Banca di Roma e Unicredit Banco di Sicilia. Ancora troppo presto, invece, per sciogliere il nodo della presidenza e delle vicepresidenze di Unicredit. «Non si è parlato né del presidente né dell’amministratore delegato», ha assicurato il presidente di Crt, Andrea Comba. In verità mentre la fiducia in Profumo pare confermata, a essere in discussione sarebbe la poltrona di Rampl. Le Fondazioni vogliono infatti più voce in Piazza Cordusio: Verona potrebbe spingere la candidatura di Gianfranco Gutty, mentre Torino potrebbe puntare sull’altro vicepresidente Fabrizio Palenzona. L’alternativa sarebbe creare una squadra di collegamento da affiancare a Profumo (ieri il presidente di CariVerona Paolo Biasi si è fermato un’altra ora in Unicredit). Per ridimensionare la presenza tedesca (oggi composta da 8 consiglieri su un totale di 23) le Fondazioni devono però fare i conti con l’accordo di integrazione a suo tempo firmato con Hvb che assegna a Berlino un terzo del consiglio.
Per la prima volta poi Profumo è intervenuto sul 6,8% di Unicredit che Mediobanca si troverà in pancia, pur al servizio di bond ad hoc, in cambio della rete di garanzia ordita per la maxi ricapitalizzazione destinata ad andare deserta visti i valori del titolo in Borsa (-0,5% a 1,8 euro la chiusura di ieri).

È una «funzione tecnica legata all’aumento di capitale: non hanno diritti di voto, non hanno nulla», ha detto il banchiere ma l’ingresso di Mediobanca tra i grandi soci di Piazza Cordusio complica la ragnatela azionaria tra i due gruppi e Generali, finita sabato nel mirino dell’Antitrust nell’ambito di un’ampia indagine nella quale l’Authority ha evidenziato gli eccessivi intrecci della finanza italiana.

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