Unicredit, maxisequestro da 245 milioni

La Procura di Milano ipotizza una frode fiscale. Indagato l’ex ad Profumo, rischia fino a sei anni

Unicredit, maxisequestro da 245 milioni

Sembrava una giornata di ordinaria amministrazione per Unicredit. Il consiglio ieri si è occupato solo di questioni operative. In serata, però, sull’istituto di Piazza Cordusio si è abbattuta un’altra tegola della passata gestione di Alessandro Profumo (nella foto). La Procura di Milano ha disposto il sequestro preventivo di 245 milioni quale illecito profitto derivante da frode fiscale. La somma è stata «bloccata» dalla Guardia di Finanza sul conto di corrispondenza di Unicredit in Bankitalia. «Unicredit è molto sorpresa per questa iniziativa, che non cambia la convinzione della banca circa la correttezza del proprio operato e di quello dei propri dipendenti», ha commentato un portavoce.
Il gip Lorenzo Varanelli ha così accolto la richiesta del procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Sono indagate diciassette persone, tra le quali l’ex amministratore delegato e ora candidato in pectore a leader del centrosinistra, Alessandro Profumo («dichiarazione fiscale fraudolenta» da 18 mesi a 6 anni di pena), il direttore programmazione-finanza della banca milanese Ranieri De Marchis e tre funzionari dell’istituto inglese Barclays. L’indagine, infatti, è legata all’operazione «Brontos», un complesso prodotto finanziario elaborato dalla banca britannica nel 2007 e poi rivenduto in tutto l’Occidente. Unicredit potrebbe non essere l’unico cliente italiano. Il funzionamento dell’operazione è complicato anche per gli esperti del settore: Barclays, attraverso una controllata lussemburghese, aveva creato degli «strumenti partecipativi di capitale» (titoli ibridi un po’ azioni un po’ obbligazioni) su investimenti effettuati soprattutto in valute estere.

Tali titoli rappresentavano il sottostante di operazioni pronti contro termine. Trattandosi di strumenti esteri, gli acquirenti potevano utilizzare il regime fiscale più conveniente. La Procura sostiene che l’investimento finanziario di Unicredit fosse stato effettuato «esclusivamente al fine di conseguire un vantaggio tributario del tutto indebito» e che, in realtà, si trattasse di un «deposito interbancario» presso Barclays, tassato al 5% in virtù della deduzione dei pronti contro termine anziché al 100% come un normale deposito.

Sarebbero stati sottratti al fisco - attraverso le controllate di Unicredit - 745 milioni negli esercizi 2007 e 2008 (dal 2009 era stato prudenzialmente applicato il regime fiscale italiano) e perciò sono stati sequestrati 245 milioni, corrispondenti al danno all’Erario.

Una tegola che potrebbe non pesare più di tanto sul futuro di Piazza Cordusio, ma che certo non fa piacere. L’ad Federico Ghizzoni (foto piccola) sta mettendo a punto il nuovo piano industriale che dovrebbe prevedere un aumento di capitale e la razionalizzazione del business.

E proprio ieri Ghizzoni ha ricevuto il placet, da parte delle Fondazioni bancarie azioniste, alla conferma come top manager dell’istituto assieme con il presidente Dieter Rampl nell’assemblea della prossima primavera. «Ghizzoni è molto responsabile», ha commentato il presidente della Fondazione Banco di Sicilia, Giovanni Puglisi.

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